“ Mandala significa cerchio, ed in particolare cerchio magico”
( Jung – Studi sull’alchimia)

 

Il simbolo dell’uroboros, il serpente che si morde la coda, è stato interpretato in tantissimi modi, a seconda della prospettiva d’osservazione ( psicologica, religiosa, artistica, ecc.).
Per noi, dal punto di vista ‘mandalico’ , esso rappresenta la grande illusione della manifestazione, che nella sua apparente dispiegazione temporale sembra avere carattere lineare, ma che nel suo spaziare si rivela circolare.
Potremmo perfino azzardare l’ipotesi secondo cui, Iddio, dopo lo Tzim-tzum luriano, cioé dopo avere contratto una parte di Sé per far spazio al mondo manifestazionale, circondasse questa entro un cerchio magico, al fine di cautelare gli incauti che avessero voluto vederLo faccia a faccia.
Che questo mondo assomigli ad un animale che si ciba di sé, non ci sono dubbi: ogni forma si alimenta di altre forme; ognuno è allo stesso tempo divoratore e divorato. Persino le stelle sono divorate dai buchi neri.
Ed eccoci alla magia: una sola ed unica Sostanza Vitale, riuscendo a popolare l’universo di infinite forme, ha creato la grande illusione dell’individualità, che in questo discorso potrebbe indicare simbolicamente come un immaginario cerchio, imprigionante una porzione di essa.
Ora ecco il paradosso: se ci siamo chiusi in un carcere virtuale attraverso la perimetrazione di una porzione di Mente Sconfinata, possiamo evadere dalla prigione attraverso una perimetrazione talmente vasta da comprendere (!) l’Illimitato, l’Impersonale, il Sé.
Il mandala è un cerchio magico, perché riesce, da un lato, a creare un labirinto  per rinchiudervi quell’ orribile mostro chiamato ego, e dall’altro, a convocare in esso tutte le potenze dell’anima, “le divinità” , che impugnando le armi di Teseo riusciranno ad uccidere il minotauro.
Lì dove nascerà un mandala c’è uno spazio caotico  che dovrà dapprima essere ‘pulito’, poi consacrato,dopo armonizzato con figure geometriche, ed infine colorato con le buone vibrazioni dell’anima.
Se  tutto il discorso della purificazione del luogo e della creazione del mandala lo riportiamo alla persona, avremo tutte le tappe del percorso che il ricercatore dovrà percorrere per andare al centro di se stesso.
Ma qui scatta un altro paradosso: nello stesso momento in cui egli riesce a toccare il proprio centro, riesce anche ad essere oltre il mandala stesso. E a tal proposito il prof. Tucci direbbe “Il mandala allora non è più un cosmogramma, ma uno psico-cosmogramma, lo schema della disintegrazione dall’uno al molto e della reintegrazione dal molto all’uno, a quella Coscienza Assoluta (il maiuscolo è mio), intera e luminosa, che lo yoga fa nuovamente brillare in fondo all’essere nostro… in quel loto nel segreto del cuore ove è la misteriosa presenza dell’Assoluto”  ( Teoria e pratica del mandala – Giuseppe Tucci).
Ora, se la simbologia del mandala racchiude tutto questo (oltre a quello che andremo scoprendo in seguito), appare chiaro come la creazione di esso equivalga ad un vero e proprio lavoro alchemico che si svolge attraverso colori, fasi, cotture, ecc.
In questo modo acquista più ampio significato quanto il Rimpoche lamaista Lingdam Gomche disse a Jung nel 1938 : “ Il mandala è un’immagine mentale che può essere elaborata mediante l’immaginazione soltanto da un lama istruito…il vero mandala è sempre un’immagine interiore (Simbolismo del Mandala, in Psicologia e alchimia Vol. XII – Jung).
A questo punto bisogna chiarire che dire fantasia e dire immaginazione non è la stessa cosa.
Per fare un paragone, la prima sta ad un disegno su un pezzo di carta, come la seconda sta ad una scultura a tre dimensioni; la prima è virtuale, la seconda “ reale” ; la fantasia è caratterizzata da una mente non concentrata, l’immaginazione invece da una mente concentratissima; la prima è passiva come un lasciarsi andare, la seconda è attiva. Jung definisce la fantasia come “ un’idea senza sostanza” , mentre definisce l’immaginazione come “ un’evocazione attiva di immagini (interne) ‘secundum naturam’ , un’opera vera e propria di pensiero o di rappresentazione…che tenta di comprendere i fatti interni e di rappresentarli con immagini fedeli alla loro natura. Quest’attività viene chiamata opus, opera” (Psicologia e alchimia – Jung).
Nel corso di tutta la sua corposissima opera Jung sottolinea spesso l’importanza  della comparsa, nella psiche dei suoi pazienti, dei simboli che rappresentano l’unità, fra cui pone i mandala.
In “ Simboli della trasformazione”  analizzando la visione concernente una città di sogno di Miss
Miller, la considera “ una sorta di Gerusalemme Celeste come quella sognata dall’autore dell’Apocalisse, e rimandando ad una sua nota conclude: “ A questo proposito oggi parleremmo di mandala come simbolo del Sé” .
Cerchio e quadrato sono le forme geometriche più usate nella costruzione dei mandala. il primo indica lo Spirito, il secondo la materia; il cerchio é simbolo del cielo, il quadrato della terra; l’uno rappresenta la perfezione, l’altro la stabilità; continuità e discontinuità; quinta essenza e quattro elementi; la pietra filosofale, la pietra grezza; il maschile e il femminile; la vista e il tatto; Dio e uomo; e così via. La simbologia di queste due figure geometriche è molto vasta e certamente non ancora esaurita. Per quanto detto, il mandala può ben rappresentare la perfetta sintesi di cielo e terra, poiché è ricco di armonie a più livelli: armonie numeriche espresse nelle proporzioni; armonie temporali espresse dalle giuste congiunture celesti; armonie combinatorie, date dal disegno in sé; armonie dei colori ricavabili dall’accostamento delle tonalità; armonie mentali, rintracciabili nella creatività immaginativa; armonia delle armonie suddette, riassumibile nella parola “ Sé” .
“ Immagine del mondo e luogo della teofania, proiezione della psiche e percorso che conduce all’illuminazione, il mandala è costruzione sintetica e dinamica volta a realizzare la convergenza dei piani dell’essere; dimensione cosmica, umana e divina trovano in esso la loro ricomposizione” (Mandala – Albanese – Cella, ed. Xenia).
Da non confondere con il mandala, “che rappresenta l’universo fisico e psichico” (ibidem) è lo yantra “ che rappresenta una particolare divinità o forza cosmica” ( idem).
Una cosa è certa, se oggi noi attribuiamo al mandala proprietà terapeutiche, significati psichici, lo dobbiamo agli studi di Carl Gustav Jung, e non solo perché in “ Psicologia e alchimia”  ha inserito un saggio sul “ Simbolismo del mandala” , ma per avere egli ripreso la simbologia mandalica in molte sue opere, al fine di poter confermare anche attraverso di essa il suo “ processo di individuazione” , che insieme con il concetto di Inconscio collettivo e relativi archetipi, di sincronicità, di tipologia psicologica, formano il nucleo di tutta la sua Psicologia Analitica. Il fatto è che tutto quanto riguarda i mandala è frutto di sue esperienze personali, vissute negli anni più critici della sua vita di studioso (separazione da Freud).
Quel periodo fu contrassegnato da una ricca produzione di mandala, ed è anche per questo che in Aion – vol. IX della sua monumentale opera potrà dire: “ l’esperienza dimostra che i mandala individuali sono simboli di ordine, per cui si presentano nei pazienti soprattutto in periodi di disorientamento o riorientamento psichico. Quali circoli magici, essi esorcizzano e soggiogano le sfrenate potenze del mondo delle tenebre, e formano, creano un ordine che trasforma il caos in ordine” .
Ora noi diciamo: se i mandala sono simboli di ordine, cosa c’è di più utile e stimolante che disegnarli e colorarli? E, visto che anche attraverso l’utilizzo del computer è possibile fare ciò, perché non invitare gli amici a cimentarsi?
Non dimentichiamo che l’anima ( psiche) è il solo tramite fra materia e Spirito, e che il lavoro dell’alchimista per la quasi totalità va svolto in essa. Chi alla fine riuscirà a conoscersi, a conoscere il Sé, potrà essere qualificato davvero un eroe, perché, come diceva Lao-Tzu, vincere gli altri è meritevole, ma vincere sé stessi è eroico.
“ Nel mito l’eroe è quello che vince il drago e non chi ne viene invece divorato… un uomo del genere ha conquistato il suo stesso Sé… e ha raggiunto ciò che l’alchimista chiamava Unio Mentalis. Questo fatto di solito è raffigurato da un mandala” . (Jung – Mysterium Coniunctionis – vol XIV – Boringheri).
Insomma, alla fine di questa forse un po’ troppo lunga introduzione al mandala, possiamo affermare con Ruediger Dahlke (terapia con i mandala – ed .Tea) che
“ il fatto che l’individuo alle prese con una determinata fase di ricerca spirituale abbia utilizzato consapevolmente il mandala in quasi tutte le culture tradizionali, e in parte lo usi ancora oggi per raggiungere la perfezione, dovrebbe essere per noi una conferma sufficiente delle sue qualità” .
Soprattutto non dimentichiamo che il mandala ha una diffusione così capillare da passare quasi inosservato: cosa sono quelle bellissime torte esposte nelle vetrine delle pasticcerie, se non dei mandala di gioia? E quei piatti ricchi di guarnizioni esposti sul buffet dei ristoranti? E quei tanti bellissimi giardini pubblici e privati ricchi di geometrie?  E quelle piazze ricche di armoniose architetture e fontane? Ed i rosoni delle cattedrali? ecc.
La costruzione di un mandala, che segua regole precise come nella tradizione del tantrismo tibetano, o che nasca dalla spontanea armonia o disarmonia della psiche di un uomo qualunque, è una mappa che il Sé si  è tracciata attraverso la nostra anima, affinché essa trovi in sé il centro.
Ed il centro altro non è che l’eterno Ora, il Silenzio Assoluto, il “ Nulla” Inconcepibile, da cui promana il Verbo Coniugante ogni cosa sotto il cielo.

 


Grazie. N.M.

 

 

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