IL BERRETTO A SONAGLI

 

Con questa commedia Pirandello sembra spalancare una grande finestra sulla sofferenza umana, quella che stritola come in una morsa la mente ed il cuore, più che il corpo. Aldilà di ogni possibile altra considerazione sul comportamento strano e ambiguo dello scrivano Ciampa, possiamo senz'altro affermare che questo personaggio ci offre qualcosa su cui poter riflettere relativamente alla sofferenza umana. Se da un lato le tre chiavi di cui egli parla possono essere viste come un espediente posto in essere da una personalità attenta solo alla propria immagine in seno alla collettività, da altro punto di vista possono essere considerate traguardo di autoconoscenza da parte di una psiche (anima) che ha intuito i canali attraverso cui le passioni scaricano in essa i loro veleni, producendo sofferenza. Ciampa ha capito che le forti passioni sono in grado di scatenare altrettanti forti desideri; ha capito che una mente allenata è in grado di tenere ben salde le briglie dei cavalli delle passioni umane. Lui, fino ad un certo limite, riesce a farlo, ma quando consiglia alla signora Beatrice Fiorica i modi con cui poter imbrigliare la sua folle gelosia (suo marito la tradisce con la moglie del Ciampa, che sa tutto), si accorge che la mente di lei è fragile, e che sono oramai nati nel cuore di Beatrice desideri indomabili. L'incendio scoppia e coinvolge tutti, anche il povero Ciampa. La sofferenza è generale e contagia come una reazione a catena. E' come se una disarmonia avesse scordato tutti insieme i personaggi, e ciascuno di essi tentasse disperatamente di recuperare in qualche modo la propria giusta vibrazione. Ma alla fine il La che accorda ogni cosa è dato da un'idea impietosa che accontenta tutti tranne la signora Beatrice Fiorica, colei che ha provocato il terremoto.
Le passioni assomigliano tanto a quelle forme di alluminio o terracotta che servono in pasticceria a dare particolari forme a certi dolci. Sono degli stampi vuoti, che quando sono appesi alla parete della cucina sono "innocui" non producono alcuna forma. Quando nasce un desiderio di vendetta come quello della Beatrice, la mano si è già protesa verso lo stampo, lo ha afferrato e vi ha versato tanta di quella energia mentale, che la "cuoca" nemmeno si accorge. Il boccone sarà senz'altro amaro, perché super dosato e concentrato: nessuno al difuori della stessa cuoca potrà mangiarlo, perché tutti sapranno della sua pericolosità per l'organismo. C'è un attimo in cui la mente, spinta dai fuochi del cuore, riversa volontà verso il desiderio appena nato. E' un attimo di non ritorno. Superatolo, non è più possibile richiamare indietro la volontà: la freccia è già partita e nessuna cosa al mondo potrà mai farla tornare indietro. Forse è santo chi riesce a lottare contro i desideri figli dell'ego e a non farsi soggiogare da essi. Ma non dimentichiamo un altro importante fattore: la parola. Spesso una passione viene caricata ulteriormente dalla parola. E' quello che fa la Beatrice quando sente proprio l'incitamento al "fare" da parte della Saracena, quella sua componente ombrosa che la costringerà a dire a sua volta quello che sta per compiere. Nel teatro è il momento in cui il personaggio in preda a odio, vendetta o altro, a voce spiegata grida i suoi sentimenti: è l'arco che si carica di potenza e sta per scagliare il rovinoso dardo. In questo mondo fatto di ego a confronto, ogni qualvolta una singolarità getta un grosso sasso sulla collettività, la pazzia di tutti viene attivata. Quando alla fine della commedia di Beatrice si dice "E' pazza! E' pazza!" si afferma una mezza falsa verità. Sarebbe più giusto dire "Siamo pazzi! Siamo tutti pazzi!" Ma forse più giusto ancora sarebbe starsene zitti e osservare le strane onde che sul mare di questa piccola umanità si alzano spinte da venti innaturali. Noi tutti raramente riusciamo a rimanere nel presente, laddove trovano posto gli istinti e le intuizioni, e mai i desideri. Questi altro non sono che un abisso, creato dalla mente  distratta dalla propria buddità, in un  qui ed ora paralizzato, non dinamico. Essi  altro non sono che una orizzontalità rubata alla verticalità dell'adesso. La Vita non può che essere qui: oltre questo istante non c'è che nulla, apparenze, sogni, chimere. I personaggi di questra strana commedia hanno trovato un punto di fuga nella sofferenza, e sono tutti morti annegati in un oceano di falsità e di menzogna. Nessuna compassione da parte di nessuno. Nessuna gentilezza da parte di nessuno. Nessuno che sia vivo, nemmeno quello che pareva esserlo, il Ciampa: anche lui è scomparso dietro la sua risata di rabbia e di selvaggio piacere e disperazione ad un tempo.

Grazie. Nat.



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