DOGVILLE
(Interpretazione di Natale)

Siamo stati 'contusi' dal nulla: ma grondiamo lo stesso un  sudore di vita. La morte  aspetta paziente nei corpi, ma  l' Essere Puro  che siamo, e che gioca col corpo e nel corpo, le dà scacco matto, perché quest' Essere Puro  è ciò che noi siamo prima che il corpo fosse.

 

Se Lars von Trier voleva proporci uno spaccato di società, per farci toccare con mano i mille problemi che l'attraversano dai più disparati punti di vista, c'è riuscito perfettamente: Dogville, la città del cane, è lo specchio di questa nostra società occidentale. Questa provocazione teatrale-cinematografica-letteraria, questa tragedia ben costruita possiamo ben definirla un   opera d'arte. E' una vera opera d'arte, perché da essa traspare il genio. Ma a differenza delle antiche tragedie greche non produce catarsi, non può. Non può perché l'autore ha dovuto creare un prodotto mitologico malato di quella malattia che ha per nome "ateismo-evangelico-violento". Lars è stato costretto a fotografare quello che ha visto: Dogville.

Questa cellula di società è lo specchio del nostro occidente. C'è il filosofo (Tom) che in senso lato rappresenta anche il mondo letterario, i media, il politico, l'amministratore; la borghesia (la signora Ma Ginger e sua cugina Gloria, che possono rapprentare il mondo del commercio); il musicista (Marta); l'industriale  (i coniugi Hensons che vivono molando bicchieri); lo studente (Bill, figlio degli Hensons, che in senso lato rappresenta il mondo della scuola); il mondo operaio (Lisa, sorella di Bill che lavora nella fabbrica  di famiglia); il contadino, l'agricoltura (Chuck, coltivatore di mele);l'intellettuale (Vera, moglie di Chuck, amante della filosofia); i trasporti (Benn); la sanità (Thomas Edison, il padre di Tom, medico in pensione e malato immaginario); gli invalidi (Mckey e June, uno cieco e l'altra non autonoma); l'assistenza (Olivia, sorella di June); infine, il mondo dell'infanzia (i figlie di Vera e Chuck). Ora, esaminiamo più da vicino questi personaggi, per capire meglio perché questo prodotto mitologico è malato. Prima di tutto osserviamo che in questa cittadina manca qualcosa di molto importante: la religione. Non esiste un prete, un pontefice che possa collegare la terra al cielo, e ciò toglie ogni verticalità ad una società che è costretta a strisciare piuttosto che "volare". Stiamo parlando di quella dimensione religiosa che nulla ha a che vedere con l'approssimativa e inconcludente filosofia di Tom. E' questa, pertanto, una società senza perché?   filosofici. Da che mondo è mondo c'è sempre stata in ogni comunità la figura del saggio del villaggio. Qui manca, e manca pure nella società occidentale: la saggezza ha trovato dimora presso le scienze, ma a ben guardare non può essere saggia una scienza che produce strumenti di morte (armi, droghe sintetiche, giochi idioti, ecc.). Non solo manca la religione, la si sbeffeggia anche: il cane della comunità si chiama Mosé, il padre delle religioni di un quarto di umanità; ed in fin dei conti la comunità di Dogville potrebbe anche essere la mal ridotta razza dei religiosi "figli" di Mosé. Ma torniamo a Dogville ed ai suoi abitanti. Tom rappresenta la crema di questa società, ma è crema avariata: è grazie alle sue scelte che monta la tragedia: alla fine sarà lui a chiamare i gangsters. Riproponendolo come mondo letterario, media e amministratore, Tom rappresenta la cima di una piramide sprovvista di parafulmine, un capo cieco che porta alla rovina altri ciechi. Quando in una società il mondo letterario e dei media è marcio, la società dei non-pensanti è destinata ad ammalarsi. Quando un filosofo mette-su una filosofia che ha come unico obbiettivo quello di distruggere tutti i valori e la morale; quando un romanziere, pur di vendere libri, pensa solo a trasgredire, ad andare sempre oltre per giungere fino al patologico; quando un film, con la scusa della denuncia crea modelli di idiozia; quando il teatro, anziché creare opere d'arte crea opere d'urto; quando la televisione diventa una grande cloaca; quando i legislatori fanno leggi a favore della droga; quando tutto questo (e molto altro ancora) accade così come è accaduto in occidente, la società si ammala di una malattia incurabile. Tom, con le sue argomentazioni può solo ricamare parole vuote, che nonostante il ricamo rimangono vuote.

Quando l'arte (Marta la musicista) è finta, il mondo dei sentimenti si atrofizza. Questa sorta di custode della chiesa paesana anziché pigiare sui tasti dell'organo a pedale finge di farlo: nessun suono, nessuna musica ne può nascere, e quindi l'orecchio esteriore e quello interiore perdono la facoltà di "sentire". Non è la società malata che produce cattiva arte, ma, viceversa, è la cattiva arte a produrre malattia nella società. Le statuine che la signora Ma Ginger ha esposte in vetrina sono il sintomo di un'arte e di un commercio malati: Grace trova che sono orribili (anche se dopo le comprerà). La malattia dell'industria consiste nel fatto che essa è "truffaldina" (bicchieri dozzinali spacciati per cristallo). L'agricoltura è in mano ad un cittadino (Chuck), ad un non competente.La scuola (Bill) è un disastro. Il mondo intellettuale (Vera) è a dir poco carente, vista l'educazione impartita al penultimo dei figli (Giasone), e considerata l'applicazione di essa nella vita di tutti i giorni (ci si riferisce allo stoicismo tirato in ballo nella scena della rottura delle statuine di porcellana). La sanità (Thomas, il padre di Tom) è malata immaginaria e fuori servizio. I trasporti (Benn) a dir poco, a rischio, oltre che pericolosamente promiscui: persone e cose. Gli invalidi vegetano, l'assistenza insufficiente, il mondo dei piccoli già avvermato (vedi Giasone, il figlio di Vera). Questa  è Dogville, la città priva di architettura, la regina delle arti. Essa è  solo persone, maschere, ridotte a corpi votati anzitempo alla morte. L'anima è assente. La "funzione" sentimento manca. Senza muri di case, niente famiglia, verrebbe da dire, ed è proprio così. A Dogville la famiglia è "decomposta", marcia. L'unico nucleo familiare che pare autentico (quello di Chuck e Vera) è avvermato dall'odio. L'amore, in questa sperduta cittadina, è completamente assente. Non c'è un vero filosofo che lo abbia saputo indicare, perché Tom non riesce a promuoverlo nemmeno quando Grace chiede asilo, e quando dopo si innamora ((?) di lei. Il suo filosofare da bar non va oltre l' accettazione.

Certo, il tutto potrebbe essere visto anche dal punto di vista psicologico, ed allora occorerebbe osservarlo da "dietro il divano", con cinismo, con quel distacco che nulla ha a che vedere con imparzialità e non coinvolgimento, ma che è figlio di una totale mancanza di empatia verso ogni cosa. Ed ecco che questo "tutto" diverrebbe metafora, segno di qualche altra cosa che verrebbe dai territori extra coscienziali: dall'inconscio, da quel Dio che, rimosso ed allontanato dal qui e ora, è diventato mistero sondabile coi sogni, coi lapsus, e pochezze varie. Ma Dogville è spietatamente reale: è l'Occidente, è noi stessi, carne viva e ferita. Ancora qualche considerazione di carattere generale. Lars von Trier, alla fine della sua opera vorrebbe introdurre l'elemento religioso mancante, ma anche questo è bacato: ci viene "suggerito" allusivamente che il padre di Grace potrebbe essere visto come il Padre della tradizione cristiana, e la figlia come il Figlio, il maestro Gesù. E così, quello che doveva essere l'Amore con la A maiuscola, ci viene presentato come la vendetta. Ma un Dio così è capovolto. L'eliminazione di tutti gli abitanti, è  un massacro sensa senso. L'uomo, dotato di libero arbitrio, viene presentato come un ente divorato dal male che si porta appresso, incapace di far fronte alla bestialità con l'umanità, o perlomeno incapace di coniugare entrambi col buon senso. Si consacra al nulla.La questione non può certo essere risolta con una sventagliata di mitra. Questa assurda "soluzione finale" non può che riportarci ad un Potere mal gestito. E questo, nell'opera di Lars von Trier, è sottolineato molto bene dalle scene finali: la nazione che detiene il potere (le foto finali ce lo indicano chiaramente) elimina tutto ciò che ritiene male, cattivo, non degno di esistere. Ed qui il discorso diventa politico,sociologico, psicologico. La foto di Nixon parrebbe indicare lo strapotere degli U.S.A. di fronte al mondo dei "miserabili". Ma qui si apre  una parentesi importantissima: quella della gestione del potere. Essa dovrebbe avvenire in modo tale che tutti i componenti della società possano beneficiare di uguali diritti e doveri, ma ciò di rado avviene (e qui il discorso diventa politico). Ovviamente non siamo d’accordo con l'indicare gli Stati Uniti d'America come il male assoluto, anche se ultimamente va molto di moda. Gli USA, come il resto del mondo,  sono ricchi di problemi, ma ricchi anche di civiltà.

In quest'opera, priva di ogni vera bellezza, di ogni vera bontà, il regista, attraverso la sua sensibilità, vorrebbe immettere il bello attraverso la sua tecnica cinematografica. Ma la tecnica è fredda "come la pietra del San Michele… dura e totalmente disanimata" (come diceva un poeta in una sua poesia riferendosi ad altro). E allora il genio di Lars va ricercato nel Senso di questa sua opera. Questo senso noi lo intravediamo nel tentativo di recuperare questa ormai sbandata umanità, nel tentativo che vien fatto attraverso la Grazia: Grace. Ma mancando l'elemento Amore, l'amore di essa non riesce a penetrare nei cuori di questa povera gente: ne sfiora appena l'ego: tu dai una cosa a me, io do una cosa a te. Questo non è amore.

Un altro aspetto di carattere generale di quest'opera è la sua componente musicale. Ci spieghiamo meglio. Dogville costringe lo spettatore all'interpretazione, come un'opera musicale, e nell' esecuzione (appunto interpretazione di essa) risiede il completamento del suo essere. Dall'interpretazione nasce la vera comprensione dell'opera attraverso la partecipazione.  Quindi possiamo dire con Gadamer che "l'esperienza estetica è un modo dell'autocomprensione", cioè a dire, noi osservando l'opera d'arte, e immergendoci in essa, interrogandola e interpretandola, non facciamo altro che conoscere noi stessi. E questo significa che l'opera d'arte contiene una  verità. Ma qual è la verità di quest'opera? Dove bisogna cercarla? La verità non può che essere l' essere dell'opera stessa, ed essa in sostanza altro non è che un tentativo di "redenzione" fallito. Questo viene avverito come un gelo scaturente, oltre che da tutta la vicenda, anche dalla fredda, distaccata modalità narrativa del narratore, che come un Dio trascendente e non curante osserva senza battere ciglio la peste umana. Ma questo gelo è anche frutto di altro: il dialogo finale tra padre e figlia è la considerazione finale di un suicida: scoperto e messo a nudo il male interiore, si decide per l'autoannientamento. No, non è possibile considerare la cosa come una punizione, da parte di un Dio o qualcosa che gli assomigli, per i crimini commessi dagli abitanti di Dogville, perché la possibilità dell'esistenza di Dio, nell'opera viene esclusa, così come viene esclusa l'esistenza di un'anima che possa sopravvivere alla morte del corpo. Parrebbe dunque una storia morta, quella di Lars von Trier, ma non lo è, perché essa diventa vera storia solo dopo essere stata vissuta, e quindi vitalizzata, da noi spettator- attori. Ma il fallimento rimane, perché il film (o se si vuole, la tragedia, il romanzo, il racconto, l'accadimento, ecc.) è una prova di autolegittimazione fallita da parte dell'uomo Lars von Trier, che apre un sentiero, lo percorre per un tratto, e poi lo interrompe: il finale può essere solo visto come un'interruzione. Dogville è dunque un "sentiero interrotto". Ma ogni uomo, grazie a Dio, può aprire altri sentieri e non interromperli a causa di pre-giudizi su di sé. Egli, oltre a essere è anche divenire, dispiegamento. La bestia che è in ognuno di noi va "educata", "ammaestrata" così come si fa con tutti quegli  animali che da selvatici divengono domestici, e ciò può avvenire attraverso due redini: severità e amore. La severità non deve mai diventare violenza gratuita per l'assenza d'amore, e l'amore non deve mai camminare senza severità. Un amore severo? E che vuol dire? Vuol dire semplicemente usare il buon senso del padre di famiglia. Siamo alla "filosofia del buon senso"  (dei filosofi  scozzesi), che non deve essere vista come l'arca di salvataggio dal "sonnambulismo metafisico" (Gadamer, in Verità e metodo, pag. 75 ed. Bompiani), ma anche come contenitore di "fondamenti di una filosofia morale che riconosce realmente il valore della vita sociale" (id). Dogville, con l'orizzontalità delle case prive di pareti e fondamenta, privilegia il sociale, ma nella comunita è completamente assente la filosofia del buon senso di cui si diceva.

Ma veniamo alla vicenda.  Il narratore ci presenta Dogville e subito dopo facciamo la conoscenza di Tom. Egli si presenta in una quadruplice veste: scrittore (dice di voler scrivere un romanzo importante), filosofo ( sulla panchina delle vechiette sogna di accomunare con i suoi messaggi tutti i filosofi), psicologo (si definisce "minatore" perché penetra nell'animo umano che è più duro della roccia), prete (s' è inventato una serie di riunioni con l'intento di un riarmo morale della comunità).

Degli spari ed il ringhiare di un cané (Mosé) annunciano l'arrivo di Grace, una ragazza fuggita a dei gangsters. La ragazza è spaventata e viene nascosta da Tom nella miniera d'argento, mentre il capo da una macchina porge a Tom un biglietto da visita con numero telefonico: se la trovano, telefonino, perché tengono molto alla ragazza. Tom il giorno dopo alla riunione espone il problema umano primario: l'accettazione, l'apertura all'altro. Dopo di che propone di accogliere la fuggitiva, che in cambio dovrà lavorare gratis un'ora al giorno presso ciascuno di loro. Accettano. Questa è la sintesi del capitolo primo di un film-racconto-tragedia-fumetto teatrale… che si articola in nove capitoli.

La cittadina ha una miniera d'argento non più attiva. E' questa un'indicazione significativa. L'argento è un metallo lunare, quindi è simbolo di quel mondo notturno dominato dai sogni e dalla penombra. Gli abitanti di Dogville non riescono più nemmeno a sognare. Riprendendo il discorso generale introduttivo, possiamo aggiungere che, essendo tale comunità specchio della civiltà occidentale, questa è una comunità che ha visto prosciugare la funzione sognante dovuta ad una atrofizzazione delle facoltà psichiche. Cosa ha mai prodotto questo terribile deserto emotivo? Le mille droghe che il mondo industriale, delinqueziale, politico ecc. hanno prodotto e commercializzato. Basti pensare alle droghe vere e proprie, ai videogiochi, ai programmi idioti della tv, alla pubblicità, cose tutte che hanno ridotto il sogno a puro impersonale desiderio di qualcosa.  Quel sognare che dava dinamismo alla vita, che comportava lavoro mentale ed emotivo indirizzati verso il bene, che richiedeva volontà realizzativa, che era un fatto personalissimo, ecc., deve lasciare il posto ad un desiderare cose già realizzate da altri che la pubblicità si incaricherà di rendere indispensabili e portatrici di felicità. La felicità non è percorrere un sentiero creato da ognuno di noi, essa è quell'in più che ci viene consegnato all'atto dell'acquisto di un determinato prodotto. La simbologia della luna è vastissima. Ricorderemo solo  che il termine "lunatico" sta per volubile e scontroso, e che anticamente indicava chi era soggetto ad attacchi epilettici. I tre termini sottolineati ci ricordano che un soggetto così è parzialmente o totalmente privo di coscienza. Questo ci consente di inquadrare tutti gli abitanti di Dogville. Essi sono pressoché privi della luce dell'intelletto, vivono di luce riflessa, la loro razionalità è limitata. Anche le persone che dovrebbero essere luminari, e cioè il medico, il filosofo-prete, lo studente di ingegneria, Vera che ama la filosofia,  tutti usano l'intelletto in regime di eclisse: la luna oscura costantemente il loro sole, e perciò possiamo ben definirli figure ombrose. Il loro comportamento successivo darà conferma di ciò. La società occidentale è diventata piatta così come ce la descrive Dogville: non guarda più il Cielo, le stelle, non costruisce più piramidi simbolo del fuoco, quindi solare. La cristianità è polverizzata in una miriade di sette, figlie di dottrine, di chiacchiere, teorie, punti di vista che hanno creato un nebbione tale da impedire di vedere il vero obiettivo. Quella miniera d'argento ci dice tutto questo e molto altro ancora: ci annuncia  quel nichilismo che come una piovra ha ormai avvinghiato a sé l'intelletto delle masse rendendo epilettici, cioè privi di coscienza, tutti quanti.

Grace, dunque, lavorerà per i dogvilliani. Lo fa diligentemente e con affetto fino al giorno in cui, mentre è in compagnia del vecchio cieco Mckey, si abbandona ad un ambiguo atteggiamento provocatore.  "Parliamo della vita" dice al cieco, e spalanca le finestre". Il gesto è simbolico: Grace intende spalancare le porte della funzione sentimento, credendo così di poter far nascere l'amore nei cuori dei cittadini. Il cieco, al gesto di apertura delle finestre risponde che "quelle tende sono difficili da aprire, e non vengono usate con frequenza", dopo di che aggiunge: "sono cieco, se ne vada e lasci che sia cieco da solo". L'occhio del cuore rimane  chiuso: l'amore a Dogville non potrà quindi fiorire. Forse questo Grace l'ha capito da subito, ma continuerà nella sua azione promotrice di quell'apertura. Ora, non solo non ottiene quello che sperava d'ottenere (l'amore), ma accende i fuochi della passionalità, della cieca bestialità, di cui cadrà vittima .

Le due settimane sono passate. Grace viene accettata. La Grazia (Grace) porta un po' di luce nella comunità, fino a che si ripresenta lo sceriffo: la fuggitiva è complice di rapine in banca. Da questo momento in poi  la ragazza è ricattabile, e comincia l'inferno: gli uomini la stupreranno a turno; le donne, venuto a sapere (calunniosamente) che è stata lei a provocarli tutti, la maltratteranno. Tom la invita a fuggire, ma Benn che doveva portarla via col cammion, dopo averla umiliata pure lui, la riporta a Dogville. Dopo una tempestosa riunione, Grace, oramai malvista da tutti (è bugiarda), viene "incatenata" più o meno come un cane (non poteva essere altrimenti). Ed eccoci al gran finale. Tom chiama al telefono i gangsters, che arrivano presto. Il capo (sopresa) è il padre di Grace. In macchina fra i due si svolge un dialogo sociologico-religioso-politoco…dalle forti tinte. Si accusano entrambi di arroganza."Depredare qualcuno di un suo sacrosanto diritto è arroganza papa!" dice Grace.

"Per te un'infanzia di privazioni giustifica gli stupratori e gli omicidi, io invece li chiamo cani. Il solo modo di fermarli è con la frusta" risponde il padre. "I cani ubbidiscono alla loro natura. Perché non dovremmo perdonarli?" dice Grace. "Ai cani non si può insegnare se ogni volta li si perdona, ognuno deve rendere conto delle proprie azioni" incalza il padre. Insomma, alla fine il padre offre alla figlia il potere, ricordandole che esso non è una brutta cosa. "La gente qui fa del suo meglio" dice lei. E lui: "ma questo meglio è abbastanza buono?". La risposta le nasce spontanea: no, non è abbastanza buono. Grace vuole usare il suo potere per rendere il mondo un tantino migliore. Ma poco dopo ordina ai gangsters di uccidere tutti. Rimane in vita Tom: lo ucciderà lei personalmernte con un colpo di pistola. Rimane in vita solo Mosé, il cane. Come dire della restante umanità è rimasto solo l'aspetto animale, la bestialità (con tutto il rispetto per i cani).

Quest'ultima parte è importantissima ed è il succo della vicenda: l'uso del potere. Mettendo da parte l'allusione punitivo-religiosa che non sta né in cielo né in terra, diciamo subito che, in una qualunque società questo problema riveste importanza capitale. Per conoscere il modo giusto di usarlo invitiamo tutti a leggere Auto Sacramental   di Calderon de la Barca. Diciamo solo, e concludiamo, che senza Amore e senza Saggezza, il  Potere è ingestibile e che sotto questo Triunvirato vanno disciplinati l' Intendimento e l'Arbitrio, affinché possano contrastare nel miglior modo possibile il Principe delle tenebre e l'Ombra che si nascondono in ognuno di noi.  Grazie, Natale Missale - 4 -2-'09.

 

P.S.

Vorremmo sottolineare la bravura di tutti coloro che hanno collaborato alla realizzazione di questo film, non ultimo l'attore Giorgio Albertazzi che ha prestato la voce al narratore e che è riuscito ad inserirsi perfettamente nel particolarissimo clima teatrale dell'opera, dando spessore alla parte letteraria della rappresentazione. Fa sempre piacere vedere e sentire le cose giuste al posto giusto. Cinema e tv nostrani, propinandoci voci e recitazioni a dir poco sgradevoli, ci avevano disabituati alla recitazione di un vero attore, che con la sola sua voce è riuscito ad entrare di diritto fra i personaggi visibili di Dogville.

 

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