IL VIOLINISTA SUL TETTO  
(Interpretazione di Natale)

 

Cercherò di vedere in Tevye il ricercatore che ha già "preso contatto" col Divino, e di considerare  tutta la sua famiglia e l'intera comunità, parti di lui.
Il film comincia con la fine di una fase alchemica, l'opera al nero, l'inizio di quella successiva, l'opera al bianco, ed il trionfo della terza fase, quella al rosso: il nero della notte, il biancore dell'alba, l'irrompere del sole infuocato. Il ricercatore ha già superato "la notte oscura dell'anima", la fase caotica in cui si trova colui che, avendo imboccato il sentiero della ricerca, rimescola le carte della sua esistenza, e laddove pareva regnasse un ordine apparente, si forma un caos che farà sprofondare il "malcapitato" in una profonda melanconia e "cecità". Tutto appare pesante, nero, cimiteriale.  Per dirla settembrinamente, i grappoli se ne stavano lì nelle viti disposte ordinatamente in  filari, ciascun chicco al proprio posto, quando improvvisamente accadeva una vendemmia inspiegabile che staccava i frutti dai tralci. I Grappoli venivano dapprima calpestati, poi torchiati per estrarne un succo da lasciare fermentare dentro una botte oscura per quaranta giorni. Infine rilasciavano uno spirito rendendo il succo di  prima soggetto diverso da sé.
Tevye tutto questo lo ha gia superato: ha attraversato la notte, ha visto la luce dell'alba, ed ora vive alla luce del Sole. Ma l'alchimia da lui seguita è particolare, è quella indicata, scandita dal testo sacro del popolo ebraico, la Torah. Poco importa se spesso le citazioni del nostro "eroe" sono imprecise: quello che conta è l'amore totale che egli nutre per Dio, in ottemperanza a quanto  lo stesso Testo dice:

 

" ASCOLTA, ISRAELE, IL SIGNORE E' IL NOSTRO DIO, IL SIGNORE E' UNO. AMERAI IL SIGNORE TUO DIO CON TUTTO IL TUO CUORE, CON TUTTA LA TUA ANIMA E CON TUTTE LE TUE FORZE…" (Deuteronomio VI, 4-5)

 

Ma veniamo al film e alla Grande Opera. Appena sorge il sole tutto è più chiaro ma non per questo scontato. Il violinista sul tetto che apre la "metafora" è proprio l'avvertimento che così sarà: un nuovo ordine porrà fine al caos figlio dell'ordine precedente. Tutto verrà rimesso in gioco. Quelle che sembravano certezze, non lo sono più. Quella che oramai era consolidata Tradizione, fecondata dai nuovi eventi, partorirà nuove tradizioni. D' ora in avanti, Tevye dovrà procedere sul filo del rasoio, dovrà riuscire a muoversi in modo paradossale: accetterà il nuovo nel rispetto del vecchio. E tutto questo equivale a suonare il violino su un tetto. Ma andiamo per ordine.
Chi ha già preso contatto con la divinità, chi riesce a colloquiare con Dio attimo per attimo, è in grado di "nutrire", di "alimentare" sia se stesso che gli altri. Tevye vende latte, l'alimento principe, il cibo dei lattanti, dei piccoli, cioè di coloro che non hanno ancora incontrato il Divino. Col suo vecchio carretto tirato da un cavallo provato dall'età fa il giro della comunità. Sia che vada, sia che stia fermo, il suo colloquio con Adonai (il Signore) è costante. Quando parla a qualcuno della sua famiglia o a qualche amico, citando la Torah, ribadisce il suo modo di pensare e di agire: ogni cosa va pensata e fatta secondo la tradizione codificata nel testo sacro o nei testi sapienziali della sua religione. Tevye non è un rabbino, ma si comporta quasi come uno di loro; non è un filosofo, ma il suo modo di vivere è dettato da profonde considerazioni; non è psicologo, ma conosce se stesso e gli altri grazie ad una equilibratissima razionalità; non possiede cultura, ma la sua intelligenza e la sua furbizia sono quelle di una persona ricca di sapere. Ma torniamo alla metafora.
Questo ricercatore avanzato (Tevye) dalla sua anima (Golde, la moglie) ha ricevuto cinque doni (cinque figlie) che gli permetteranno nel futuro (attraverso la procreazione) di rinsaldare il legame col Dio dei padri. Questi cinque doni sono tendenze verso lo spazio-tempo: le due figlie più piccole rappresentano la tendenza a godere di questo mondo attraverso il gioco, l'allegria, la spensieratezza, senza tuttavia perdere mai di vista l'ambito religioso, perché la questione ebraica non è solo quella che riguarda le vicende di un popolo da sempre perseguitato, ma anche quella di un popolo che ha stretto con il Dio di Abramo di Isacco e di Giacobbe un legame particolarissimo, esclusivo, inconfondibile. La benedizione di Dio lo segue sempre e dappertutto. La figlia primogenita, Tzeitel, rappresenta il dono della discriminazione circa il riconoscimento della giusta via che porta al Divino: essa sceglie un sarto povero in canna, anziché un ricco macellaio più vecchio di lei di molti anni, perché la Sapienza si raggiunge "misurando" l'uomo, piuttosto che nutrendo i suoi sensi. Non per nulla Lazer Wolf è un vecchio vedovo senza figli: la via sbagliata non porta frutti. Ecco quindi che il giusto sposo di Tzeitel è Motel, un sarto timido ma che sa quello che vuole.
Però, a volte la discriminazione viene incanalata in sentieri senza sbocco da una tendenza (la superficialità) che vede solo il lato esterno delle cose e non scende mai in profondità. Tale tendenza è rappresentata dalla vecchia e simpatica sensale di matrimonio. Ma la discriminazione è tagliente e Tevye non può fare a meno di seguirla. Il problema è riprendere l'energia che si era già avventurata per vie errate: bisogna rimangiarsi la parola data a Lazer Wolf, e soprattutto convincere Golde. A volte l'anima, ponte fra corpo e spirito, si lascia tirare in basso verso i sensi, piuttosto che in alto verso il "Cielo". Ma quando  hai già detto al corpo che gli darai qualcosa, come fai a rimangiarti la parola data e a tranquillizzarlo? Semplice, si usa una particolare facoltà che tutto accomoda: la furbizia. Basta dire che la cosa fa male, ed è  fatta. Sì, perché al livello corporale, l'intelligenza si chiama superstizione.   La secondogenita, Hodel, rappresenta il dono dell'accettazione. Quando, all'interno della tradizione, una cosa diventa vecchia ed il nuovo si affaccia timidamente alla ribalta, bisogna accogliere la novità. E' attraverso la rivoluzione (lo sposo di Hodel, Perchik, è un rivoluzionario) che spesso deve  essere superato il vecchio inarrendevole. Chava, la terza figlia, rappresenta una strana dote, quella che consente ad un tale tipo di ricercatore di andare oltre la propria tradizione per comprendere anche "l'altro", cioè, per l'appunto la comprensione.
Fyedka, il marito della terza figlia, è un cristiano ortodosso di Anatevka, è uno degli "altri".
Ora, come vedete, Tevye ed il suo mondo sono davvero un corpo invidiabile, quasi perfetto. E' a questo punto che il "nemico" , nelle vesti del commissario, irrompe e, dapprima con finto rincrescimento, poi con durezza estrema, comincia ad attaccare questo mondo fatto di poco e di Tutto. Il nemico nulla può contro il Dio di Abramo, ma una cosa può fare: costringere il "popolo" a polverizzarsi, togliendogli lo spazio, denudare Tevye di ogni "conquista". Ma ovunque vada, un ebreo, un Tevye, un amante di Dio sarà sempre "un popolo d'elezione", perché chi elegge Dio a suo Tutto, sarà prediletto dal Divino, e lì dove egli sarà, nascerà una Gerusalemme, un'altra Anatevka, e per ogni figlio d'Abramo ci sarà sempre un violinista che gli terrà compagnia: ogni ebreo sarà sempre in grado di salire sul tetto della propria mente, e da lassù armonizzare la propria vita e vincere il caos che fa seguito ad ogni sua "cacciata". Per l'ennesima volta sarà costretto ad affondare i piedi nel fango della strada che lo porterà altrove, l'errante parlerà al suo Dio che gli risponderà.
Adonai dice: "Ascolta Israele…", e, dovunque si trovi, l'ebreo risponde: "eccomi, Signore!".
E' uno dei films più belli che abbia mai visto. Riesce a mostrare la cistifellea dell'ebreo, per dirla con linguaggio Zen. E' poetico, geniale, entusiasmante, e lascia riflettere come non mai sulla questione ebraica. Lo fa senza campi di concentramento, con autoironia, con pazienza, con forza, con filosofia, con amore, con spirito religioso, e riesce a lasciare un segno profondo nell'animo. Perfetta la regia, l'interpretazione da parte di tutti, le luci, le scene, le coreografie, le musiche, la sceneggiatura. Ogni attore riesce a mostrare l'anima e la bellezza. Una vera opera d'arte.

 

Grazie. Nat.

 

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