Giasone  e Medea
(di Isolina Mariotti)


Le origini dei miti, fondate senza dubbio su situazioni realmente vissute, hanno perso nel tempo la loro veste reale per arricchirsi e modificarsi secondo la fantasia e la necessità di etnie, culturalmente diverse tra loro, con le quali sono entrati in contatto.
E non poteva essere diversamente perché l’uomo ha, da sempre, il bisogno di identificarsi con qualcosa o qualcuno
non soggetto alla precarietà e decadenza, quindi soprannaturale e, nel tentativo di eguagliarlo, elevarsi. Al tempo stesso, però, vive l’angoscia  di  scoprire di essere lui stesso "divino" perché ciò lo porterebbe a responsabilità tali, nei confronti di sé stesso, che non è deciso ad assumersi. L’interpretazione basilare dei miti, che si adatta a tutti in eguale misura, è quella che riconosce in ognuno di loro un percorso iniziatico che porta, mediante il superamento di ostacoli al “centro”, inteso come punto in cui, attraverso un processo alchemico delle nostre dinamiche, una trasformazione è possibile.
Partendo da questo dato fondamentale e tralasciando  ciò che è ovvio e scontato ci si può avventurare alla ricerca di quello che in loro è meno palese per concretarlo.
Il filo conduttore dell’interpretazione si muove all’interno di simboli che li accomuna quali alberi, frutti magici, tori, chimere o, come nella storia di Giasone, il drago che si erge minaccioso, ultimo ostacolo tra lui ed il trofeo da conquistare.
Perché Giasone considerando suo di diritto il trono di Iolco, usurpatogli,
per riaverlo accetta di lasciare la sua terra ed andare a riprendere il vello d’oro, condizione necessaria per realizzare il suo desiderio.
Ma l’accettazione di questa impresa lo porta, inevitabilmente, ad un’altra accettazione, quella di scoprire la sua zona d’ombra che nasconde parti della sua personalità di cui non immagina l’esistenza,
come la parte femminile (Medea l’oscura, la vendicatrice) con la quale si scontra pensando di poterla controllare ma ne viene dominato così la fusione, tra gli opposti lati di sé, non avviene.
L’impresa si compie, ma non solo per suo merito. Un susseguirsi
di situazioni concorrono alla riuscita finale. Nella parte ultima della sua avventura, però, egli non uccide il mostro non lo elimina, lo addormenta semplicemente quasi a significare che non è ancora pronto per una  totale riedificazione di sé. Non spezza il legame con il passato.
Così, al termine del viaggio iniziatico è ancora prigioniero della separazione.
E’ possibile che la non completa purificazione abbia facilitato gli avvenimenti che seguirono, poiché, da quel momento di trionfo in poi troviamo nelle sue azioni
cedimenti e tradimenti, che lo portano forse a non raggiungere mai veramente lo scopo, neanche il trono per il quale le sue gesta hanno avuto inizio.
Ma è anche vero che il mito dell’Eroe è nato da mente umana che risente
della dualità del mondo in manifestazione ed è per questo che in lui si ritrovano poli opposti come anche ogni essere umano sperimenta in continuazione.

 

                                                                       

Isolina Mariotti

 

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