Ulisse


La guerra di Troia si è conclusa.
Un periodo di vita importante, quello, per Ulisse, ma solamente prologo,
in fondo, per ciò che saranno i successivi drammatici momenti della sua esistenza dove ciò che lui è, sarà messo in discussione.
Infatti la scaltrezza, la furbizia, che sono state da sempre una caratteristica vincente della sua personalità, si offuscano e lo spingono in situazioni disastrose.
Non ci è dato sapere se egli portò con sé il dolore per la colpa della distruzione di Troia, ma certo non doveva essergli estraneo, almeno a livello non cosciente, perché una così grande strage perseguita con l’inganno, rivendica una espiazione.
Ed una espiazione è, infatti, il suo viaggio di ritorno, una
purificazione di sé (si ricordi anche la costante presenza dell’acqua) prima di riandare al “grembo materno”, ai luoghi felici lasciati ai tempi della giovinezza  verso i quali lo sospinge la nostalgia.
E dopo una serie di prove che lo costringono ad una profonda
introspezione, Ulisse ritorna.
Ha rifiutato le lusinghe, l’oblio delle pene e delle colpe insito nella voluttà dei sensi (Circe, Nausicaa, Calipso), la promessa dell’immortalità e prosegue il viaggio conscio dei pericoli che lo attendono e tuttavia fermo nella decisione di affrontarli.
Sembra essere consapevole che l’unico modo per vincere, per distruggere i mostri interiori, unico nemico reale, è conoscerli ed affrontarli (ed ecco la sua discesa agli inferi).
Finalmente Itaca, il paradiso terrestre il cui ricordo sempre vivo gli ha dato la forza per superare gli ostacoli, è raggiunta.
Ma la sequenza del tempo ne modifica anche la qualità.
Niente di ciò che è stato può essere più come prima. Ulisse ritorna ma la sua consapevolezza è cambiata e i presupposti di uno scambio, con il mondo nel quale è tornato, non ci sono più.
Così il riposo, gli anni tranquilli nei quali aveva sperato, accanto a chi
ed a ciò che amava, sfumano.
Il suo nuovo allontanarsi da Itaca, che si realizza attraverso la distruzione dei Proci, è probabilmente per sempre.
Come rappresenta in modo totale il nostro passaggio su questo pianeta il viaggio di Ulisse,
quel navigare nel mare dell’esistenza inseguendo un filo di nostalgia al quale non sappiamo dare un nome e che ci conduce verso il luogo delle nostre origini, dal quale forse si dovrà ripartire in una continua ascesa verso la conoscenza e l’unità.
Diceva Plutarco del mito che è un’immagine spezzata della verità
come l’arcobaleno è il riflesso della luce del sole i cui raggi si infrangono in una nuvola. Di questo specchio, però, si possono raccogliere i pezzi per ricostruirlo.
Allo stesso modo, ogni mito è l’immagine di un diverso aspetto della nostra personalità.
Frammenti che tendono istintivamente all’unione, alla completezza, al raggiungimento del fine assegnatoci, e se sapremo trovare in noi una forza capace di coesione, allora, forse, questo sarà possibile.
Così in Ulisse, ma così anche in personaggi più o meno grandi.
Essi ci donano un momento della loro vita, un momento magico, breve o lungo che sia,  un momento d’incontro in cui identificarci, prendere coscienza
arricchendoci.
E immediatamente il cammino continua.

 

 

Isolina Mariotti



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