Platone e l'anima

 

"Mentre la scienza e l'ordinario intelletto si davano così la mano per lavorare alla distruzione della metafisica, parve prodursi il singolare spettacolo di un popolo civile senza metafisica, - simile a un tempio riccamente ornato, ma privo di santuario" (G.W.F. Hegel - Scienza della logica (3 volumi) vol. 1° - Laterza, ed. 1977, pag. 6). 

 

C'era una volta una ragazza povera, che aveva cinque fratelli altrettanto poveri. Un giorno tale fanciulla trovò una perla e divenne ricchissima. Il primo fratello, pittore, le disse: se mi farai partecipe della tua ricchezza, ti dipingerò il quadro più bello del mondo. Ma la ragazza rifiutò. Allora si fece avanti il secondo fratello, un musicista, che disse: se mi farai partecipare alla tua ricchezza comporrò per te la migliore musica che mai sia stata scritta. Ma la ragazza rifiutò. Il terzo fratello, farmacista avrebbe preparato per lei il miglior profumo di sempre. La ragazza rifiutò. Il quarto fratello era cuoco, ed in cambio di parte della ricchezza avrebbe preparato per lei cibi gustosissimi. Ma la ragazza rifiutò. Il quinto fratello, oste, in cambio della ricchezza le avrebbe procurato il marito migliore del mondo: la ragazza rifiutò. Infine la ragazza incontrò chi si interessò solo della sua anima, e con lui divise le sue ricchezze.
Questa parabola (ci informa Steiner nel suo Vita da morte a nuova nascita - ed. Antroposofica, pag. 66, 67) circolava nel dodicesimo secolo, e pare che lo stesso autore ne desse una spiegazione: "la ragazza è l'anima umana che ha una libera volontà. I cinque fratelli della ragazza sono i cinque sensi: il pittore è l'occhio, il musicista l'orecchio, il farmacista l'olfatto, il cuoco il gusto, e l'oste il tatto. Essa si allontana per dividere quindi la gemma della libera volontà con chi è veramente affine alla sua anima, con il Cristo…".  Questa bellissima parabola l'abbiamo riportata, perché contiene, nella sua semplicità, tutto il pensiero platonico sull'anima: il corpo, tramite i sensi, schiavizza l'anima.  Ma entriamo subito in argomento, dopo avere precisato che per la stesura di questo saggio ci avvarremo delle opere complete di Platone edizione Laterza del 1971, e della "Storia della filosofia greca e romana" di Giovanni Reale, edizione Bompiani 2004.
Prima di entrare nel vivo, però, ci sembra doveroso dare un breve cenno del pensiero pre-platonico, per meglio valutare la portata rivoluzionaria del pensiero di questo  grandissimo pensatore. Poniamoci, perciò, una domanda: come accadde che in Grecia il sapere passò, per dirla in maniera semplice, dai poeti ai filosofi? Cioè, come nacque il pensiero speculativo? Alcuni studiosi (Havelock e la sua scuola) affermano che è stata la nascita della scrittura a dar vita al pensiero speculativo, ma Giovanni Reale  ritiene che tale tesi non sia sostenibile: "la scrittura presso altri popoli non ha affatto generato uno svolgimento analogo a quello che si è verificato in Grecia. Quindi è stata proprio la nascita e lo sviluppo della mentalità speculativa che ha imposto la necessità dell'uso e della diffusione della scrittura" (Op. cit. vol. 1° pag. 25).  Noi condividiamo quest'ultima tesi, perché consideriamo il pensiero speculativo l' idea,  e la scrittura la forma,  il corpo di tale idea. E' dunque nato il concetto.  Ora, l'astrazione, come vedremo, piano piano condurrà l'uomo verso il mondo dell'essere, stornando la sua attenzione dal mondo del divenire. Questo compito, Platone, nella sua Repubblica, lo assegnerà alla matematica. Questo punto è molto molto importante, perché dà alla filosofia una dimensione contemplativa. Tale caratteristica è durata per più di due millenni, ed oggi sembra non debba avere più alcuna validità, perché si sostiene che la filosofia, anziché contemplare, deve cambiare la realtà. Questo accade, ci spiega Reale, perché "ai nostri giorni, non la categoria del disinteresse, bensì quella dell'interesse e dell'utile è posta al vertice di tutto". Se si ritiene valida solo quella filosofia che si cali nella realtà per farla mutare "si uccide la filosofia: il mutare la realtà  può infatti essere solo un momento conseguente, e precisamente successivo  al vero ricercato e trovato".  (Id. pag. 50). Non ci vuole la laurea per capire che una filosofia calata nella realtà per mutarla diventa politica, e che essa dà vita a speculazioni filtrate da un'ottica particolare, quella, appunto, di una ideologia politica. "Chi filosofa con questo spirito perde la libertà…la speculazione cessa di essere pura, diventa  ideologia, e quindi cessa di essere vera filosofia".
E' unanimemente riconosciuto che il primo vero filosofo sia stato Talete, il quale affermò che esiste un principio unico di tutte le cose, e che esso è l'Acqua.  Aristotele, nell'opera dell' Anima cita tale filosofo: "Alcuni poi affermano che l'anima è mischiata nell'universo: di qui, forse, Talete ha opinato che tutto è pieno di dei" (Aristotele opere - Laterza, vol 4 ediz. 1973, pag. 124). Ma sempre a proposito dell'anima, nella stessa opera, Aristotele, partendo dal fatto che per Talete la calamita ha un'anima perché attrae il ferro, dice ancora : "Anche Talete, da quanto ricordano, sembra congetturare che l'anima sia una forza motrice se afferma che la calamita ha l'anima perché attrae il ferro"  (id. pag. 108). Infine, Diogene Laerzio, a proposito di Talete ed anima ci informa: "alcuni anche dicono che fu il primo ad affermare  che le anime sono immortali" (citato da Reale a pag. 91 della citata sua opera).
Con Anassimandro viene ribadito il  Divino con il concetto di Apeiron, che Reale traduce con "ciò che è privo di limiti e determinazioni, non solo esterni,  ma altresì interni…spazialmente infinito e qualitativamente indeterminato" (E' qui che Jaspers ha attinto per il suo Umgreifende?).
Diciamo ancora che per Anassimandro tale Infinito è divino perché è  immortale e incorruttibile.
Per Anassimene il principio divino è l'Aria.
Mentre per Eraclito, elemento fondamentale è il Fuoco, e le cose posseggono realtà in quanto divengono ed esse sono sintesi degli opposti che si combattono continuamente. Ma quello che assume importanza per il nostro discorso è che per Eraclito l'anima non ha confini ed  ha la natura del fuoco: "I limiti dell'anima non riusciresti per quanto vai a trovare, percorrendo ogni via: ragione così profonda ha essa" (I presocratici - Bur -  ed. 1998, pag. 213). Riportiamo di questo frammento anche la traduzione proposta da Giovanni Reale, perché ci sembra più comprensibile: "I confini dell'anima non li potrai mai raggiungere, per quanto tu proceda fino in fondo nel percorrere le sue strade: così profonda è la sua ragione" (pag. 118).
Ma occorre citare ancora un altro frammento importante per il nostro saggio, poiché, come giustamente sottolinea Reale, in esso è contenuto quanto Platone affermerà più tardi nel suo Fedone: " Combattere col cuore è duro (Il Reale traduce desiderio anziché cuore), perché quel ch'esso voglia,  lo compra a prezzo dell'anima" (frammento 85 ).
Con Pitagora l'anima è immortale: essa vive anche dopo la morte del corpo, per cui ha natura divina e dunque eterna. La grandezza della scuola pitagorica sta nel fatto che essa è un miscuglio di misticismo e scienza. I pitagorici furono i primi ad introdurre la vita contemplativa, ma nel contempo usarono la scienza come mezzo di purificazione.
Ed eccoci a Parmenide.   Nell'Opera Sulla  Natura egli pone il famoso principio di non contraddizione, secondo cui i contrari, contemporaneamente, non possono coesistere. E' nel frammento 2 di questa sua opera che ne parla: "Ora, io ti dirò - e tu ascolta e ricevi la mia parola - quali sono le vie di ricerca che sole si possono pensare: l'una che è, e che non è possibile che non sia - è il sentiero della Persuasione, perché tieni dietro alla Verità - l'altra che non è , e che è necessario che non sia.  E io ti dico che questo è un sentiero su cui nulla si apprende. Infatti, non potresti conoscere ciò che non è, perché non è cosa fattibile, né potrestri esprimerlo" (traduzione proposta dal Reale :op.cit. pag. 176, 177). Nel frammento 6 precisa poi che "E' necessario il dire e il pensare che l'essere sia: infatti l'essere è,  il nulla non è  (il grassetto è nostro).
E qui ci piacerebbe tanto aprire una parentesi sull'assurdità che i nichilisti rappresentano. Chi crede in una Causa Prima, in un Dio, nella metafisica, ha tutto il diritto di parlarne, ma come fa, chi non crede in un Dio ed in un'anima immortale, a continuare a vivere un'esistenza che dal loro punto di (non) vista è  priva di scopo? Se la vita non ha senso, perché viverla? E non diciamo altro.
Giovanni Reale, a proposito dell'Essere parmenideo fa una considerazione importante: esso non è Principio, perché per Parmenide non c'è un "principiato". Non è principio, né cosmo "eppure non è ancora altro dall'essere del principio naturalistico e del cosmo". La fase naturalistica verrà superata da Platone, il quale, detto per inciso, considerava Parmenide il più grande dei presocratici, e nel Teeteto fa dire a Socrate: "io mi incontrai con lui, quando ero ancora molto giovane e lui (Parmenide) molto vecchio, e mi sembrò che egli avesse una profondità veramente straordinaria" (traduzione proposta dal Reale, pag. 188). Quanto all'anima, per Parmenide "l'anima e la mente sarebbero la stessa cosa" (I Presocratici - Bur edizioni - pag. 265).
Per trovare idee interessanti in tema di anima e di metafisica, dobbiamo a questo punto saltare ad Empedocle, secondo cui "l'anima dell'uomo,  è un demone che, a causa di una colpa originaria, è stato bandito dall'Olimpo dei beati, gettato in un corpo e legato al ciclo delle nascite" (Reale op.cit. pag. 220). A questo punto, Giovanni Reale sottolinea l'aporia di fondo riscontrata in tutti i presocratici: "L'anima dovrebbe essere in certo senso intesa come strutturalmente diversa dal corpo, per potere mantenere una propria individualità, per potere espiare la sua colpa d'origine…", ed aggiunge che tale aporia verrà sciolta dalla "seconda navigazione" di Platone.*
Questo scioglimento non riesce a produrlo nemmeno l' Intelligenza (Nous) di Anassagora, cioè quel Principio Primo, infinito, puro, intelligente e sapiente che "muove e ordina tutte le cose". Il Nous di Anassagora non è ancora lo spirito, l'immateriale. Questo principio è pur sempre materia finissima che può mescolarsi alle altre cose senza che esse si mescolino ad esso. Ed è lo stesso Platone, nel Fedone (96, 97), che sottolinea come il Nous di Anassagora spiega le cose ancora fisicamente, e non essendo soddisfatto delle tesi di tale filosofo: "cerco di farmi da me, alla meglio, un altro metodo, visto che a questo non so adattarmi in nessun modo…Ora, io, dunque…mutai modo di navigazione. Vuoi tu, o Cebète, ch'io mi provi ora a spiegarti come mi son dato da fare in questo nuovo modo per la ricerca della vera causa?" ( Platone  Opere complete  vol. 1°, Fedone- Laterza, ed. 1971, pagg. 161 e 165). Lo stesso dicasi per le teorie atomiche di Democrito, secondo cui, anche l'anima sarebbe costituita da atomi più sottili degli altri e di natura ignea.
Prima di concludere il discorso su questi pre-platonici-naturalisti, vorremmo spendere due parole per Gorgia. Egli fu il primo  nichilista d'occidente. In una sua opera (Sulla natura o sul non-essere) "sosteneva queste tre tesi ben concatenate fra loro: a) non esiste l'essere, cioè nulla esiste; b) se anche l'essere esistesse, esso non sarebbe comprensibile; c) e ammesso pure che fosse comprensibile, esso  non sarebbe comunicabile né spiegabile agli altri". (G. Reale - op.cit. vol. 2°, pag. 71). Quindi, per questo filosofo, non esiste verità e tutto è falso. Lo vogliamo ricordare non perché condividiamo le sue idee, ma per far sapere come da sempre ci sono stati uomini che, non avendo mai tentato di conoscere se stessi, la propria essenza, la propria vera natura, percorrendo la strada del materialismo e coadiuvati da un sofismo sterile, giunti ad un vicolo cieco con la loro pseudo-ricerca, non possono che negare persino la Vita che li anima. "Discepoli" di Gorgia oggi ce ne sono a milioni, e come cani arrabbiati mordono a destra e a manca chiunque osi dire il contrario di quello che pensano loro.  Bersaglio preferito sono le religioni, compresa quella dei loro padri. I mistici? Tutti matti. I Santi? Psicopatici o schizofrenici. Perlopiù sono psicanalisti diretti discendenti di Freud, che credono di avere raggiunto il tetto della verità assoluta, analizzando lo zero virgola qualcosa di qualche paziente e letto la marea di libri sull'argomento. Nessuno di questi soloni ha mai tentato di verificare se una qualunque delle vie mistiche tracciate dai santi veri di ogni tempo e regione sia credibile o meno. Nessun nichilista si è mai messo in gioco: è come dicono loro, e basta. Sì, basta davvero.
E con quest'ultimo pre-platonico abbiamo concluso l'introduzione al nostro saggio. Non ci rimane, dunque, che parlare del più grande filosofo di ogni tempo, di 

Platone

Per Socrate l'anima coincideva con la coscienza pensante, con la ragione, con la razionalità. Tale filosofo avviò la tradizione morale ed intellettuale dell'occidente. Socrate era un conoscitore dell'anima ed ammoniva a prendersi cura di essa: "O tu che sei il migliore degli uomini…non ti vergogni tu a darti pensiero delle ricchezze per ammassare quante più puoi, e della fama e degli onori; e invece della intelligenza  e della verità e della tua anima, perché ella diventi quanto è possibile ottima, non ti dài affatto né pensiero né cura?…..Né altro in verità io faccio con questo mio andare attorno se non persuadere voi, e giovani e vecchi, che non del corpo dovete aver cura né delle ricchezze né di alcun'altra cosa  prima e più che dell'anima, sì ch'ella diventi ottima e virtuosissima; e che non dalle ricchezze nasce virtù, ma dalla virtù nascono ricchezze…"  (Platone opere complete -Apologia di Socrate - Laterza, op. cit. vol. 1°, pag. 54, 55). 
Ma, come sottolinea giustamente il Reale "Socrate ha di fronte all'animo umano quella stessa visione unilaterale che ha Parmenide di fronte all'essere"  ( Vol. 2° op.cit., pag. 158). La complessa struttura dell'animo umano, continua questo studioso, sarà scoperta da Platone.
Sempre nell' Apologia  leggiamo che Socrate dichiara di sentire una voce, una presenza, che egli chiama daimonion  (Demone). Gli studiosi si sono sbizzarriti in tentativi di interpretazione di tale Demone.  Per qualcuno Socrate faceva dell'ironia; per altri quella voce era il "sentimento del genio"; per altri ancora, dall'ottica psico-analitica, si riduceva tutto a psicopatologia. Amaramente conclude il discorso Giovanni Reale con queste considerazioni che condividiamo al 100%: "Si tratta, per la verità, di studiosi che non credono al fatto religioso e lo risolvono e dissolvono in maniera positivistica o razionalistica o psicologistica o psicoanalitica e che, per conseguenza, travisano in maniera irreparabile quanto di peculiare c'è nell'esperienza del daimonion socratico"  (Op. cit. pag. 192, la sottolineatura è nostra). Per Socrate il demone era inteso come una sorta di oracolo interiore, dice lo stesso Reale. Scoperte queste cose in sé, egli si fa "ostetrico": è incapace di generare sapienza perché sa che essa è la sostanza di ogni anima, e che quindi ognuno la possiede già, "egli…non immette la verità nell'animo degli uomini ma la estrae" (Reale, pag. 224).
La sezione prima del terzo volume della sua corposa collana di studi filosofici, Giovanni reale la apre con un'epigrafe di A.N. Whitehead che noi riportiamo: "La caratterizzazione più sicura della tradizione filosofica europea  è che essa consiste in una serie di note a pie' di pagina a Platone".
Qualunque studioso onesto (e non solo…) la dovrebbe sottoscrivere. Prima di tuffarsi nella lettura delle opere di tutti i filosofi che lo hanno seguito, ogni amante della filosofia dovrebbe leggere tutte le opere di Platone. Ancora oggi egli è una stella polare per tutti i pensatori seri. Quegli altri, quelli che al suo posto hanno piazzato Nietzsche con tutto il suo nichilismo, li lasciamo lì nell'anticosmo, ovvero nel caos, nell'antimateria, nel buco nero che si sono creati. Quei negatori di Vita che cantano canti di morte li lasciamo girare, nelle loro costellazioni casuali, attorno a improbabili soli spenti.
Non sappiamo se mettere Erwin Rohde (autore di Psiche a cui abbiamo dedicato un saggio) fra costoro. Ci chiediamo come ha potuto, uno studioso serio  e scrupoloso come lui, scrivere che "la fede nell'immortalità (dell'anima) diventa coronamento di un edificio della vita, il cui architetto ha disprezzato completamente ogni cosa terrena" (pag. 501 op.cit.). L'architetto dovrebbe essere Platone, quello stesso filosofo che in Repubblica, Leggi, ecc., si è affannato a tracciare il sentiero del viver civile, dopo avere, con tante altre opere, cercato di risvegliare le anime dormenti e schiavizzate dai sensi dei suoi concittadini. Paradossalmente, solo un nichilista può disprezzare la vita del corpo: se Dio è morto, se non c'è metafisica, se tutto il mondo ideale è frutto di fantasia, se vivere non ha alcun senso, se siamo su questa terra per puro caso, se discendiamo dalla scimmia, ecc., tanto vale vivere come le bestie selvatiche (ci siamo quasi) o suicidarsi. Cosa che Platone non ha mai predicato, anzi. C'è molta differenza fra indicare quali devono essere i veri tesori da cercare (cura dell'anima, ricerca del Bello, del Buono, del Santo, ecc.) ed il disprezzo di ogni cosa terrena. Ma, evidentemente, Rohde, pur non citandolo mai, è stato fortemente influenzato dal suo geniale amico Nietzsche, quello che ha scritto l'epitaffio sull'inesistente tomba di Dio, e che pertanto ha trasformato in misero loculo la sua incontenibile opera. Non puoi far tuoi i pensieri di un genio, e buttarli lì a mo' di rivoluzionario ritardatario. Ma i nichilisti sono fatti così: vanno con la candela accesa nel bosco di Luglio pieno di sterpi, danno fuoco alla foresta senza neanche accorgersene, e poi, criticando chi disprezza le erbacce e i rami secchi ed osanna la vegetazione, se ne escono con frasi del genere: "Meta ultima cui tende questa organizzazione della vita terrena sarebbe l'abolizione di ogni vita sulla terra" (idem). Hanno cancellato ogni morale, ogni etica, persino l'educazione; hanno preteso di seppellire Dio; hanno condannato a morte la Metafisica; hanno infettato la società con un nichilismo velenoso; predicato la morte attraverso droga libera; hanno ridotto la scuola ad ente inutile; hanno traviato milioni di giovani attraverso una sorta di permanente rivoluzione contro chi non la pensa come loro; hanno di fatto preferito la morte alla Vita (Dio è Vita e non può morire); e  ti vengono a raccontare che  Platone tendeva, con le sue opere, all'abolizione di ogni vita sulla terra.
La Filosofia non deve fermarsi, né la Metafisica, ma pretendere di cancellare Platone col nichilismo, equivale, in campo scientifico, a riproporre la vecchia e gloriosa ruota, al posto del motore. L'aria che respiriamo leggendo gli studi di Giovanni Reale è migliore di quella  che si respira leggendo opere nichiliste. Ed è anche per questo che il saggio sull'opera Psiche di Rohde lo abbiamo volutamente interrotto con l'entrata in "scena" di Platone.
Platone nasce ad Atene nel 427 a.C. Di lui possediamo l'intera opera, ma non l'intero pensiero. Egli stesso ce lo dice: dei principi primi e supremi non ha scritto nulla volutamente: "su queste cose non c'è un mio scritto né mai ci sarà"  (lettera settima), perché la conoscenza di tali cose non è comunicabile. Sempre nella stessa lettera VII Platone dice che una eventuale tale comunicazione non gioverebbe agli uomini, se non a quei pochi cui bastano poche indicazioni per trovare da sé la verità. Tutti gli altri, dopo aver sentito parlare di tali cose sublimi,  si riempirebbero di superbia o di disprezzo. Non assomiglia tanto all'evangelico "non gettate le perle ai porci"?  Platone vietò ai suoi discepoli di scrivere su queste cose, ma per nostra fortuna (sottolinea il Reale) gli hanno disubbidito: "pertanto, la tradizione indiretta deve essere considerata un documento fondamentale, accanto e insieme ai dialoghi"  (Vol. 3° op.cit. pag. 26).
Uno dei passi fondamentali dell'opera platonica lo troviamo nel Fedone. Lo abbiamo citato sopra, ma vale la pena di ricordarlo, questa volta nella traduzione proposta da Giovanni Reale: "Poiché rimasi privo della vera causa e non mi fu possibile scoprirla da me né apprenderla da altri; ebbene, vuoi che ti esponga, Cebete, la seconda navigazione che intrapresi per andare in cerca di questa causa?" (Pag. 51, vol 3° - Storia della filosofia greca e romana - Giovanni Reale - Bompiani). La sua importanza, secondo il Reale è dovuta al fatto che essa rappresenta "la prima razionale prospettazione e dimostrazione dell'esistenza di una realtà soprasensibile e trascendente…questo passo costituisce la Magna Charta della metafisica occidentale" (id. pag. 53). 
Il significato della metafora della "seconda navigazione" ci viene fornito da Eustazio, che rifacendosi a Pausania spiega che "si chiama 'seconda navigazione' quella che uno intraprende quando, rimasto senza venti, naviga con i remi". Quindi, la prima navigazione riguarda i filosofi che hanno preceduto Platone, i quali guardavano al fisico ed al naturale attraverso i sensi (le vele); la seconda navigazione, quella  platonica, viene fatta coi remi (la ragione). Ma noi diamo un senso ancora diverso: la prima navigazione di Platone è stata fatta grazie ai venti-teorie dei filosofi che lo hanno preceduto; la seconda navigazione, è quella che Platone ha dovuto fare a colpi di remi e, quindi,  da solo. E' sempre nel Fedone che Platone, per bocca di Socrate, privilegia l'indagine attraverso la ragione piuttosto che quella attraverso i sensi: la Verità, come un sole, se osservata con gli occhi (coi sensi) può accecare, cioè non permettere di vedere, se "osservata" coi ragionamenti la "vista" non viene intaccata. E' così che Platone fonda la sua metafisica su tre capisaldi: la teoria delle Idee, quella dei Princìpi, e la teoria del Demiurgo. Poiché, però, il nostro saggio deve muoversi nell'ambito di un preciso soggetto (l'Anima), per un approfondimento rimandiamo alle opere di Platone ed ai corposi studi di Giovanni Reale, i quali hanno il raro privilegio di essere comprensibili e nello stesso tempo per addetti ai lavori.  *
Ci limitiamo a dire che per questo grandissimo filosofo l'idea era l'essenza della cosa. Reale ci ricorda come in passato gli studiosi di Platone hanno dedicato molti studi alla genesi della teoria delle idee, ma nello stesso tempo lamenta come gli studiosi contemporanei "trascurano questo tema in buona misura , per ovvi pregiudizi antimetafisici, del tutto fuorvianti (Op. cit. pag. 68, nota - la sottolineatura è nostra). In Fedone 65 Platone ci spiega come è possibile raggiungere le essenze delle cose, le idee: "… solo chi si adoperi di avvicinarsi a ciascun oggetto col suo solo pensiero, senza né aiutarsi, nel suo meditare, della vista, né trarsi dietro alcun altro senso insieme col suo raziocinio; bensì cerchi, valendosi esclusivamente del suo pensiero in se stesso, mondo da ogni impurità, di rintracciare esclusivamente in se stesso, mondo da ogni impurità, ogni oggetto, astraendo, per quanto può, e da occhi e da orecchi e insomma da tutto il corpo, come quello che perturba l'anima e non le permette di acquistare verità e intelligenza quando abbia comunanza con esso". (Patone Opere - Laterza, vol. 1° pag. 116). Siamo alle "cause vere", quelle che non possono mutare ma che spiegano ciò che muta. Platone con la sua teoria, ci dice Reale, voleva opporsi al relativismo eracliteo (flusso infinito di tutte le cose, il continuo mutamento  ecc.). E' per questo che nel Cratilo  fa dire a Socrate: "Nessuna conoscenza,  certo,  conosce ciò che conosce, se codesto non sta fermo in nessun modo" (Platone- Opere, vol 2°, pag. 80). E quando Jung negava alla psicanalisi la patente di scienza, aveva bene in mente questo passo platonico, per poter affermare che, essendo essa soggetto e oggetto di indagine allo stesso tempo, non poteva avere l'oggettività tipica della scienza: lo psicologo può dar vita solo al proprio punto di vista: niente di scientifico. A questo punto i contemporanei sapientoni hanno voluto vedere fra queste due realtà (metafisica e fisica) una separazione che non c'è. Pertanto - osserva giustamente Reale - il dualismo metafisico di Platone non ha assolutamente nulla a che vedere con il ridicolo dualismo di chi ipostatizza il sensibile, e poi contrappone l'ipostatizzazione al sensibile medesimo" ( Op. cit. pag. 83). Ora, un'Intelligenza Suprema è mediatore fra sensibile e intelligibile, tra l'Uno e il Molteplice. Ecco quindi (vedi Parmenide vol. 3° Opere complete - Laterza) la Diade,  che riesce a conciliare il Monismo ed il Pluralismo proposti dai filosofi che lo precedettero. Ma attenzione: tale struttura bipolare è "l'asse" attorno a cui gira tutta la realtà, e quindi anche il pensiero. Tutte le cose generate, dice Platone nel Timeo, hanno una causa, e questa è il Demiurgo. Quando in Timeo 47  (vedi vol. 3° Opere Platone citate, pag. 400) leggiamo: "Perché l'origine di questo mondo è mista, derivando da una combinazione della necessità e dell'intelligenza" …"E prima di questo tutte le cose si trovavano senza ragione e senza misura. Ma quando Dio intraprese a ordinare l'Universo, il fuoco in primo luogo e la terra e l'aria e l'acqua avevano bensì alcune tracce di sé, ma si trovavano in quella condizione in cui è naturale si trovi ogni cosa, quando un Dio è assente" (Traduzione proposta dal Reale, pag. 150 vol. 3° sua opera citata). - quando leggiamo questo, dicevamo, ci sentiamo a casa. Quest'ultimo passo ci ricorda molto l'inizio della Genesi di Mosé, laddove, prima che Dio creasse c'erano solo tenebre e caos. Il Demiurgo platonico opera quindi per l'ordine, per eliminare il caos, in una parola, per il Bene. Ed anche qui il parallelo con la Genesi è evidente: "E Dio vide che era cosa buona".  E' quello che ci dice  Timeo 29 : "…Dio, volendo che tutte le cose fossero buone… prendendo quanto era visibile… le portò dal disordine all'ordine" (Id. pag. 154). Qui, però, Giovanni Reale, da studioso attentissimo quale è, ci fa notare che, mentrte il Dio della Genesi crea dal nulla, il Demiurgo platonico opera attraverso due realtà che già esistono: l' Essere e il Principio materiale sensibile.
Abbiamo quindi visto come, con la seconda navigazione, Platone abbia distinto il mondo fisico dal mondo metafisico. "Anello fra il mondo metafisico e il mondo fisico" è l' Anima del mondo. Il Demiurgo crea anche tutte le stelle, che sono di natura ignea, sono dotate di anime intelligenti e sono connesse all'intelligenza dell'Anima del mondo. Imitando Dio, l'uomo, se vuole agire bene, realizzando l'unità nella molteplicità, deve produrre ordine e armonia. E qui non possiamo non sottolineare come la marea di filosofi (?) nichilisti che dai più disparati pulpiti predicano la morte di Dio, con le loro malsane idee hanno decretato la morte dell'Intelligenza e quindi hanno creato, creano e speriamo non continuino a creare dis-ordine e dis-armonia. Avete presente un'orchestra senza direttore, senza spartiti musicali, con strumenti non accordati, con strumentisti che vanno ognuno col tempo proprio e con la forza propria, che suonando insieme creano rumore? Ebbene, questa è la foto della società che vorrebbero proporre questi falsi maestri. In parte ci sono riusciti, ma hanno le ore contate: le bugie hanno le gambe corte. Probabilmente attaccano Dio e la metafisica, per non scagliarsi direttamente contro tutte le chiese costituite, per non scagliarsi contro Cristo, Buddha, Krisna, ecc. Ma forse, più semplicemente, non essendo capaci di dimostrare nemmeno che una Vita universale anima ogni cosa, loro compresi (pure un bambino lo constata), sentendosi piccoli piccoli, reagiscono e, distruggendo, si convincono di possedere una qualche forma di potenza. Ma chi distrugge non è potente, è solo un essere non intelligente: solo un idiota può preferire il caos all'ordine, la disarmonia all'armonia, il nulla (che in nessun modo può essere preferito perché non-è) a Dio. Questi predicatori di morte non riescono a vedere la Vita che consente a tale morte di operare sul livello più basso dell'esistenza, quello fisico. Sono ciechi e sordi, eppure pretendono di fare i maestri di saggezza, nonostante non riescano a conoscere la loro vera essenza. Non riescono nemmeno a vedere l'ordine che regna nel proprio corpo, l'intelligenza che lo guida. Noi siamo, secondo loro figli dell'ameba, ma nessuno che ci abbia mai spiegato come, prima della differenziazione dei sessi, l'evoluzionismo possa aver proseguito. No, noi la pensiamo come Rousseau: se buttiamo in aria per milioni o miliardi di volte le lettere dell'alfabeto, è molto improbabile, anzi è impossibile, che escano fuori l' Iliade e l' Odissea di Omero. L'ordine presuppone sempre un'intelligenza e lo stesso dicasi per l'armonia. Quando un'orchestra è diretta da un bravo maestro, quando tutti gli strumenti sono accordati su una stessa nota, quando ogni strumentista suona a tempo rispettando i "forte" e i "piano", quando si suona quello che si è deciso prima, l'armonia e la melodia, l'ordine, il bene, sono assicurati. Quando tutto questo non accade, il caos regna sovrano. Sorge allora una domanda: perché certi individui preferiscono il caos all'ordine e la disarmonia all'armonia? Perché preferiscono una cultura di morte ad una cultura di vita?  Noi non daremo risposte, ma ognuno dovrebbe approfondire tale punto, perché la nostra civiltà occidentale, codesti bugiardi, la stanno uccidendo. Hanno cominciato a farlo con la dichiarazione della morte di Dio e della metafisica, con l'apologia della morte, della droga, del caos, della disarmonia, dell'egoismo, del marciume in genere. Noi ci ribelliamo, e con i nostri brevi e modesti saggi, lo gridiamo ai quattro venti. Che ogni persona di buon senso si ribelli al nichilismo, e interrogando, esplorando se stesso, avvii una terza navigazione smettendola di fare il "morto". Che ognuno salga sulla nave del proprio essere e, con capitano l' Intelligenza, si affretti a rompere con potente prua i ghiacci che da troppo tempo  bloccano la navigazione. Questi neri Merlini vi hanno ipnotizzato: svegliatevi e ragionate. La VITA, DIO, non può morire. Per dirla con Platone-Socrate: ricordatevi di voi, della vostra anima immortale, della vostra vera essenza. Sforzatevi. Cercatevi. Ma lungo il vostro viaggio non usate lampade di luce nera, non fatevi, cioè, guidare dalle false indicazioni dei nichilistri distruttori dell'ordine e dell'armonia, né seguite la luce dei loro fari: i porti verso cui vi invitano sono gorghi, buchi neri che si cibano di luce, o nella migliore delle ipotesi acque di fogna puzzolenti, pantani senza vita. Aprite l'occhio della mente e l'orecchio del cuore: anche l'anima ha i suoi "sensi", sentite con essi e la dimensione religiosa non potrà non rifiorire, ma non perché qualcuno via abbia plagiato circa l'esistenza di qualcosa che sta oltre il piano fisico, ma perché la vostra terza navigazione, ridonandovi la verticalità che vi era stata fraudolentemente tolta, vi ha fatto conoscere il meta-fisico per esperienza diretta. I poeti divini - dice Platone-Socrate nel Menone (vol. 5 Opere Platone Laterza, pag. 277, 278) -  dicono che l'anima umana è immortale. "L'anima dunque, poiché immortale e più volte rinata, avendo veduto il mondo di qua e quello dell'Ade, in una parola tutte quante le cose, non c'è nulla che non abbia appreso. Non v'è, dunque, da stupirsi se può far riemergere alla mente  ciò che prima conosceva della virtù e tutto il resto… Nulla impedisce che l'anima ricordando… una sola cosa, trovi da sé tutte le altre, quando uno sia coraggioso e infaticabile nella ricerca. Sì, cercare ed apprendere sono, nel loro complesso, reminiscenza  (Anamnesi). Non dobbiamo dunque affidarci al ragionamento eristico (cioè, in senso lato, cavilloso): ci renderebbe pigri ed esso suona dolce solo alle orecchie della gente senza vigore; il nostro, invece, rende operosi e tutti dediti alla ricerca… " (la sottolineatura ed il grassetto sono nostri). Ora, siccome la verità sta dentro l'anima, questa deve essere immortale, o come dice bene Reale "permane stabilmente nell'essere" (pag. 172  sua op.cit).
Nel Cratilo Platone aveva detto: "alcuni dicono che il corpo è la tomba dell'anima", riferendosi ai seguaci di Orfeo.  Dopo di che aveva fatto sua questa teoria, secondo noi, per due ordini di motivi. Primo, perché la sua personale esperienza lo aveva convinto di ciò; secondo, perché anche dal punto di vista speculativo era giunto alle medesime conclusioni. Pertanto in lui ritroviamo uniti misticismo e filosofia. Ecco il suo più grande merito: dare la giusta importanza alle esperienze dei mistici. Certo anche allora c'erano i nichilisti e quelli che si affidavano al ragionamento eristico (cavilloso) per smontare le così dette fantasie dei visionari e dei mistici e persino dei poeti così detti divini. Per duemilatrecento-e-passa anni hanno tentato con cavillose e pedanti opere di smontare l'evidenza ed il buon senso, e non ci sono riusciti. Fino a che esisterà un autentico mistico, un autentico Santo, un visionario non malato di mente, uno studioso di filosofia come Giovanni Reale, in una parola: fino a che esisterà l'onestà intellettuale, il nichilismo è perdente. Fino a che ci sarà qualcuno che sulla propria pelle ha sperimentato la "correttezza" della metafora della biga (l'anima) tirata da due cavalli, di cui uno bianco (le passioni nobili) e l'altro nero (desideri carnali), e condotta dall'auriga (ragione), fino ad allora il nichilismo sarà perdente. Questi signori hanno fatto sì che il cavallo nero, quello delle pesanti passioni, trascinasse la biga nei pantani terrestri. Ma la ragione è forte, e nessuno le potrà mai impedire di far volare l'anima negli spazi che le competono, perché tale biga ha le ali e conosce già il luogo da cui viene. Questa parabola è proposta nel Fedro, e come tutte le parabole vale più di un milione di parole cavillose. Ma la domanda che nasce spontanea è: perché l'anima, che è di natura divina, si è impantanata su questa terra dentro un corpo? Platone dà diverse spiegazioni: 1)  - tesi esposta in Repubblica e Gorgia - perché deve espiare una colpa originaria (e questo ricorda la cacciata dal Paradiso Terrestre della Bibbia); 2) - tesi esposta nel Fedro - perché ha vinto il cavallo nero della concupiscenza; 3) - ancora in Repubblica e in Timeo - perché una legge cosmica, a cui l'anima non può sottrarsi, lo vuole. Ma ecco una seconda domanda: come fa un filosofo a dimostrare che l'anima è immortale? Platone-Socrate ci offre quattro argomentazioni: 1) secondo la legge degli opposti, due realtà che sono antitetiche si esigono e richiamano l'un l'altra. Ora,  l'anima dà la vita al corpo, quindi il suo carattere essenziale è vita, perciò non può accogliere in sé il suo contrario, la morte, perciò è immortale. 2) Poiché conoscere è ricordare, l'anima, che viene dal mondo delle Idee, dopo avere ricordato, non vuole che ritornare in quel mondo da cui è venuta. 3) Gli esseri materiali sono fatti di parti aggregate, per cui si possono decomporre; quelli spirituali sono semplici e non si possono decomporre. Sicome l'anima ha natura spirituale, è incorruttibile e di conseguenza immortale. 4) Se l'essenza dell'anima è vivere per essere, essa non può avere nulla a che fare con la morte ed il niente.
La maggior parte dei filosofetti contemporanei, che nulla hanno aggiunto a quanto detto dai grandissimi pensatori di ogni tempo, se non parole in libertà vigilata che nulla hanno a che vedere con la filosofia, vorrebbe proiettare la propria inconsistenza sul pensiero altissimo di Platone e vorrebbe ridurlo a sofista, a parolaio: leggono Platone, ma la loro mancanza di profondità impedisce loro di penetrarvi e comprenderlo. Ecco, allora, che il filosofo ateniese diventa uno specchio muto su cui vedono riflessi i loro limiti, la loro inconsistenza, il loro pensiero debole, il loro non-pensiero, il loro nulla. E nulla capiscono. Come potrebbero? Platone non è solo un grandissimo filosofo, è anche un grandissimo mistico, e loro il misticismo lo disprezzano perché addormenta le anime semplici e buone. Lo attaccano per partito preso, per ideologia, perché Marx e Nietzsche hanno detto che va fatto. Non hanno ancora capito che Filosofia non è una guglia di monte, ma una catena di infinite montagne: ogni vero filosofo è una vetta, ed ogni vetta è un punto di vista rispettabilissimo della Verità. Questi moderni pseudo-filosofi non sono vette, scrivono solo antologie dei veri pensatori per poi infangarne il pensiero. Non hanno detto nulla di originale: ripetono fino allo sfinimento Nietzsche, non hanno originalità di pensiero, non hanno intelligenza. Sono dei pessimi avvocati dei loro pre-concetti: hanno una tesi (anticristiana, antireligiosa in genere, antimetafisica, anti-qualcosa) e non fanno altro che cercare prove a suffragio. Non s'accorgono che sono patetici. Non solo. I grandi filosofi sono stati sempre coerenti perché hanno vissuto la loro vita senza mai venir meno ai propri principi. Questi deboli pensatori fanno dell'incoerenza il loro soprabito: predicano bene (si fa per dire) e razzolano male. Si attaccano alle parole per smontare i Platone, i Plotino, gli Agostino ecc. Sono superficiali.
Battiamo sempre su tale punto per mettere in guardia i nostri giovani. Modernità non deve essere sinonimo di distruzione di tutto il vecchio: ciò che di buono c'è nel passato, va conservato fino a che il nuovo vero non lo sostituisca per bontà piuttosto che per violenza. Einstein quando mise a punto la sua relatività non buttò a mare Galileo, né strappò i libri di Newton. Per superare, per andare oltre le verità relative di questi due geni, partì da essi.  Bisogna ragionare con la propria testa, non con quella degli altri. I veri maestri vogliono solo il bene dei loro discepoli. Come giudichereste voi un individuo che cancella ogni forma di moralità, che fa apologia dei vizi, che spinge la democrazia oltre i limiti dell'anarchia e del caos, che distrugge la religione con tutti i suoi santi e il suo Dio? Seguireste mai chi vi incita a drogarvi, a suicidarvi, a non pensare, a odiare chi non la pensa come voi, a dare del matto ad ogni mistico che passa sulle strade di questo pazzo mondo? Ebbene, il nichilista vi propone tutto questo. Attenti, dunque. Non credete a queste false  guide. Esse vi dicono che l'uomo è frutto dell'evoluzione escludendo che possieda un'anima; vorrebbero farvi credere che la macchina più perfetta di questa parte di mondo è frutto del caso. Non credete loro: cercate la vostra anima, e se alla fine di una vera ricerca non la troverete, allora sì, negatela. Ma prima cercatela con tutte le vostre forze. Il vero filosofo non è un parolaio ma un ricercatore, un minatore, un giardiniere. E sappiate che le intuizioni di molti pensatori greci sono state provate dalla scienza dopo alcuni millenni. Non stiamo disprezzando la tecnica, saremmo stupidi se lo facessimo. Gli atomi di Democrito sono stati scoperti dopo migliaia di anni. Che vuol dire questo? Vuol dire che l'intuizione di un poeta, di un mistico, a volta può anticipare la scienza di secoli. Non stiamo dicendo nemmeno di andare appresso al primo schizofrenico che dice di essere Dio. Vi stiamo invitanto a scavare in voi stessi con tutte le forze, per infiammare la vostra intuizione, per aprire l'occhio della mente e del cuore. In Leggi 716  Platone diceva che Dio è la suprema misura di tutte le cose molto di più di quanto non lo sia l'uomo, e che se qualcuno vuole diventarGli amico, deve rendersi simile a Lui. Questo è Platone: una delle persone più umili del mondo. Il nichilista contemporaneo ha eletto il suo ammasso di lardo (leggi corpo, quello stesso corpo che noi stimiamo moltissimo, ma che sappiamo essere il servitore dell'anima, il servitore della mente e non il padrone) a padrone dell'universo; i suoi sensi sono cinque cavalli selvaggi che corrono verso un burrone per il solo gusto della corsa sfrenata: non hanno meta. E purtroppo, oggi, stanno per divenire i nuovi sacerdoti, anzi neri pontefici che fungono da tramite tra la terra ed il nulla. Novelli vuoti traghettatori di gusci vuoti. Anime morte.  Fine dello sfogo.
Le anime di moltissimi giovani sono state incrostate dalle appiccicose parole serpentine dei predicatori del nulla, e ridotte come il dio Glauco marino della metafora platonica "incrostazioni, conchiglie, alghe e pietre, si sono aggiunte a quelle, sì da farlo assomigliare più a un mostro che a ciò che era in origine. Ecco, anche l'anima noi la vediamo ridotta in queste condizioni, incrostata da una infinità di mali"  (Repubblica 10).   Per l'anima di Platone il vizio è malattia, la virtù e salute. Guardatevi perciò dai predicatori di malattie. Essa ha tre parti: una concupiscibile (mostro dalle molte teste), una irascibile (leone violento), un'altra razionale. La ragione deve comandare e le altre servire, obbedire, dopo essere state domate.  Questo modello dell'anima egli lo propone in Repubblica 9.  Compito dell'anima è mediare tra fisico e metafisico. L'anima, secondo  Platone, si reincarna, ma prima che lo faccia essa è arbitra del proprio destino. Stiamo parlando di libero arbitrio. Necessità  non impone, ma propone il destino, è l'anima a sceglierlo. Tutto questo Platone lo dice nel mito di Er alla fine della sua Repubblica.  Alla reincarnazione poi, nel Fedro, pone un limite di 10.000 anni, passati i quali, l'anima rimette le ali e ritorna agli dei. 
Alla fin fine Platone non propone altro, per un vivere giusto, che la giusta misura, la moderazione.
Non vi sta dicendo di chiudervi in un convento, o di isolarvi sulla cima di una montagna nevosa, né predica il disprezzo del mondo fisico, come vorrebbero far credere i suoi oppositori e dispregiatori. Sta solo parlando da uomo di buon senso, vi sta dicendo come coltivare al meglio il giardino della vostra anima. Sì, Platone da  oltre duemila anni non fa altro che il giardiniere, il giardiniere delle anime, e finché la gramigna e le erbe infestanti e parassite continueranno ad assalire il vostro giardino, credeteci, leggere Platone conviene per la salute della vostra  anima, della nostra anima. "L'anima siconverte e si eleva conoscendo" (Reale). Ma conoscere è pensare nella giusta direzione, e non lasciare che qualcun altro pensi per noi. Occhio ai ladri di cervelli, ai plagiatori di mente, ai 'nullanti'. Il vero filosofo a volte può essere anche profeta "Essendo così, il giusto sarà flagellato, torturato, legato; gli si bruceranno gli occhi e, da ultimo, dopo aver sofferto ogni male, sarà crocifisso" (Repubblica 2 - traduzione proposta da Reale).
Concludiamo questo breve saggio riportando una sintesi del passo di Repubblica relativo al mito della caverna, perché, come sottolinea giustamente Giovanni Reale, esso simboleggia l'aspetto ascetio, mistico e teologico del platonismo.
"Platone immagina che l'uomo immerso nella conoscenza dei sensi sia come un prigioniero legato nel fondo di una caverna con il dorso volto all'esterno. Un fuoco acceso all'imbocco della caverna fa sì che le ombre degli uomini e delle cose che passano dietro di lui si proiettino sul fondo: non avendo mai visto altro, l'uomo crede di scorgere non ombre ma oggetti reali. Verrà poi qualcuno a slegarlo, ed egli si volterà e salirà verso la vera luce: ma a tutta prima non sosterrà la vista delle cose e dovrà cominciare a contemplare le loro immagini, più vicine al vero che non le pure ombre, per esempio le immagini riflesse nell'acqua; poi potrà sollevare la vista alle cose stesse; infine riuscirà a levare lo sguardo, senza essere abbagliato, al sole che le illumina. Allo stesso modo, per giungere al vero, per potere afferrare quello che è come il sole del mondo intellegibile - l'idea del bene - occorre acquisire una serie graduale di conoscenze che vanno verso un sempre maggior grado di purezza razionale, di astrazione, di intellegibilità. ( Sergio Moravia - Pensiero e civiltà  - Le Monnier)… Le ombre proiettate corrispondono all' immaginazione; uomini e cose che proiettano corrispondono alla credenza; le immagini riflesse nell'acqua corrispondono  alla ragione; il sole che illumina queste cose corrisponde all'intelletto.
Invitiamo tuttavia a leggere l'inizio del libro settimo de La Repubblica, perché un sunto del genere, riducendo molto il brano in questione, lo mutila e lo rende quasi muto come metafora.
Il nostro saggio finisce qui. Non ci rimane che invitare i giovani a leggere Platone, il giardiniere delle anime, e tutti gli studiosi che si sono occupati del suo pensiero per chiarirlo e, perché no, anche per criticarlo, ma mai attacarlo per partito preso o per darsi delle arie da sapientoni. Platone ovviamente non è la meta finale della filosofia, perché la ricerca della Verità non potrà mai esaurirsi. Ma, visto il panorama filosofico (si fa per dire) contemporaneo, credeteci, ha ancora molto, ma molto da insegnarci. Pertanto invitiamo a leggere commentatori di Platone seri come Giovanni Reale, di cui raccomandiamo la lettura della sua Storia della filosofia greca e romana - Bompiani.

Grazie, Natale Missale



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