Un sogno di CARLA
(Venerdi 16 Novembre)

 

Mi trovo in una piazza c’è un edificio alto. Sono con mia figlia Claudia che tiene al guinzaglio Martina,  la nostra cagnolina. Le dico di aspettarmi dall’altra parte dell’ edificio perché devo andare a parlare con un medico che si trova ai piani alti.
Salgo  per le scale e incontro questo personaggio vestito con una lunga toga  ci parliamo , ma non ricordo che cosa ci siamo detti.
Ritorno quindi da mia figlia che mi aspetta  come concordato.
Scorgo nella piazzetta un albero ai piedi del quale si trova  della sabbia gialla, mi avvicino incuriosita e gioco con questa “sabbia” che mi accorgo essere farina di granturco : la prendo tra le mani, la faccio scorrere tra le dita e mi ci rotolo.
Guardo in alto per vedere da dove proviene, c’ è un albero proprio lì con dei  frutti bianchi sferici e dei fori da cui capisco che esce  la “farina”.
Arriva allora mio figlio Andrea: “ Ma non vedi? Non è farina di granturco è oro !!!”
In effetti guardando con più attenzione  vedo che la “farina” è formata da tante minuscole particelle di oro brillante.
Allontanandomi vedo che hanno attrezzato la piazzetta con delle  macchinette-gioco  per far giocare i bambini ma commento che non ci andrà nessuno perché sono troppo care.
Da lontano vedo Monica, una mia amica che era uscita dall’ ufficio e torna indietro  a prendere i suoi amici.
Devo uscire dalla piazza, ma sulla strada  ci sono degli attori che stanno recitando e non vorrei disturbare lo spettacolo.Cerco allora di passare nel viottolo dietro la strada, ma anche da lì mi vengono incontro bambini con costumi gialli e rossi  decido quindi di uscire dalla strada principale  passando tra gli attori  che continuano a declamare.

 

 


Sogno Carla - interpretazione di  F
ranca Vascellari

Il “Luogo” del sogno, “piazza con edificio alto” fa pensare alla Torre, l’Archetipo 16 dei Tarocchi, e 16 e’ anche la data del sogno: Archetipo di autoesame, di giudizio e pesatura; Claudia (= chiusa) e Martina (= sacra a Marte, marziana) potrebbero essere i due personaggi che cadono dalla Torre, infatti Martina e’ una cagnolina e Claudia e’ esclusa dal colloquio col “medico”, personaggio a cui gia’ altre volte abbiamo attribuito il significato di Salvatore (Medico> Esculapio>Soter> Salvatore) e quindi di Daath, Io Sono, Cristo ecc. Ma il Medico e’ anche Giudice (infatti ha una “lunga toga”), e  il suo giudizio risulta positivo (anche se la sognatrice non ricorda il colloquio) perche’ subito dopo permette l’esperienza della Conoscenza dell’Albero della Vita. Ai piedi di questo Albero c’e’ una “sabbia” gialla (colore della Sapienza) e sembra farina di groturco; la farina e’ qualcosa che rappresenta duro lavoro, fatica,  pane guadagnato col “sudore della fronte” e la sognatrice in quella farina-sabbia ci si “bagna”(mi ci rotolo), come se fosse una sostanza autoprodotta che purificando nutre il corpo (sabbiature terapeutiche); poi  guarda in alto “per sapere da dove proviene”, ovviamente dai “frutti bianchi” dell’Albero, dai “fori”, dalle aperture dei centri, delle Sephiroth dell’Albero Bianco, come una pioggia fecondante e benefica...  Poi subentra Andrea, il figlio della sognatrice a chiarire la realta’ della “farina”; Andrea (=maschio, guerriero) sua componente razionale spiega che quella farina non e’ granoturco, ma “Oro” non relativa alla Terra, Assiah (pane> corpo> terra) ma relativo al Fuoco, Atziluth (oro> Spirito> fuoco) e finalmente Carla (= libera)  “vede” che la farina e’ “oro brillante”.
La seconda parte del sogno e’ meno “numinosa” ma piu’ pratica.
Intanto le “macchinette-gioco” potrebbero rappresentare il giudizio che della civilta’ odierna, meccanicizzata ha la sognatrice: computers, cellulari ecc. costano troppo “cari” non valgono il tempo e l’energia che vi si impiega. Poi c’e’ il riferimento a Monica (=monaca, eremita): questa e’ la componente solitaria della sognatrice, che pero’ ora “e’ tornata indietro a prendere i suoi amici”: ha ritrovato quelli con cui puo’ condividere la sua Ricerca... e quindi il riferimento al teatro (del Cis) prima tenuto lontano (“non vorrei disturbare lo spettacolo”) e poi accettato, perche’ “da li’ mi vengono incontro i bambini con costumi gialli e rossi – i colori della saggezza e dell’amore-“


Grazie. F.V.

 



Sogno Carla  - Interpretazione di Natale Misale

"Mi trovo in una piazza, c'è un edificio alto".  Per la persona che sta percorrendo il "sentiero" della ricerca, trovarsi in una piazza, può significare tante cose. Se paragoniamo la via ad un fiume, la piazza non può che corrispondere ad un lago. Questo ci può autorizzare a pensare che la sognatrice potrebbe trovarsi in un momento esplorativo particolare, che la vede impegnata in un lavoro di sintesi delle esperienze che il suo percorso le ha regalato fino ad oggi, come se volesse ordinarle ed armonizzarle nel classico paesino attorno al lago, che in questo caso è tutto racchiuso in un alto edificio. Da un altro punto di vista, la sognatrice potrebbe aver rallentato la marcia, per concedersi un po' di riposo, per fare un giro di piazza, per distrarsi un po', prima di riprendere la via. Una terza ipotesi potrebbe essere quella di "una depressione del terreno" (un problema esistenziale), che costringe il fiume a prender forma di lago (che impone alla nostra amica un dover 'seguire' il momento).  A questo punto vorrei smettere, perché mi si ripresenta il solito problema che salta fuori ogni qual volta  comincio ad 'interpretare' un sogno: voler tradurre delle immagini e dei simboli in parole è un'operazione fallita in partenza. E' come aver deciso di scoprire la poesia che sta nascosta nei versi di Tagore, analizzandone una ad una le parole. La poesia è fra le parole, non nelle parole. Il sogno è un quadro, un'opera d'arte, e volerlo tradurre in altro, vuol dire tradirlo, ucciderlo. Come faccio avere il massimo rispetto del sogno, e nello stesso tempo a parlarne? Non è un problema da poco, perché sincronicisticamente, essa nasce come una piazza nel corso di un'interpretazione che stava scorrendo, e mi presenta dinnanzi agli occhi un edificio alto da esplorare. Forse il percorso di Carla e questa mia esigenza di rispetto del mondo onirico si chiariranno a vicenda. Osserverò il suo sogno in tale duplice prospettiva: da un lato ci chiarirà i procedimenti alchemici della sognatrice; dall'altro ci suggerirà il modo migliore di comprenderli suggerendoci al contempo la strategia interpretativa. E' un discorso folle? Nel mondo dei sogni, la follia è di casa, e siccome commentare un sogno vuol dire dar vita ad un altro sogno innestato in esso, la cosa mi è consentita. "Sono con mia figlia Claudia  che tiene al guinzaglio Martina, la nostra cagnolina".
Marte come tutti sanno è dio della guerra e della vittoria. Il nome della cagnolina, Martina, vuol dire "dedicato al dio Marte". La cagnolina potrebbe rappresentare la parte istintuale della sognatrice (l'es freudiano, che così come ci vien detto dal fondatore della psicanalisi, nei sogni si scatena). Pertanto, Carla con questo sogno ci vuol dire che, il suo lavoro alchemico-immaginativo-onirico, si sta svolgendo in una precisa direzione: al momento lei sta impiegando tutte le sue forze (Carla vuol dire anche 'forte'), per tenere a freno tutti i suoi istinti (cagnolina), con i quali deve affrontare le immaginifiche (ma non per questo irreali, anzi…) battaglie oniriche attraverso il suo Marte. Quindi, in un certo senso, andrebbe contro ogni teoria freudiana. Quando la sognatrice parlerà col medico, là dentro l'edificio, lo farà con i veicoli sottili (il corpo coi suoi istinti lo ha lasciato fuori dal palazzo, che in questo caso rappresenta il primo palcoscenico onirico in cui si imbatte), e sicuramente il consulto riguarderà le condizioni della sua anima.  Il "medico si trova nei piani alti" ed è "vestito con una toga". Ci troviamo in presenza di un medico-giudice, ed abbiamo la conferma di quanto detto: Carla deve attingere ai piani intuitivi per trovare conforto, per sentirsi dire che i modi della sua strategia alchemica di sogno sono giusti. L'incontro avviene, ma come capita sempre con le intuizioni, i contenuti del dialogo sono svaniti: "non ricordo che cosa ci siamo detti".
Ora cerchiamo di vedere come questo spezzone di sogno ci suggerisce di 'interpretare' se stesso.
Non bisogna assolutamente entrarvi dentro con l'io eroico (così lo chiama Hillman) impersonato da Ercole. Non si può discendere agli inferi e combattere come fece il mitico eroe, si deve piuttosto "risvegliare l'io del sogno dentro il suo sogno" (idem, pag. 112). Non Ercole violento, dunque, bensì Marte, il dio della guerra, che essendo diventato dentro noi stessi "patologia", dovrà combattere contro se stesso, per far sì che uno dei sette metalli, da ferro (il metallo di Marte), venga trasmutato in oro. Per condurre una tal paradossale guerra contro se stessi occorre davvero consultare i maestri interiori che operano nei piani alti del nostro edificio psichico. Ecco come dobbiamo accostarci al sogno. "Ritorno da mia figlia" Claudia. Il nome della figlia significa "claudicante": forse Carla, nonostante la forza che il suo nome suggerisce, non è ancora pronta per una simile impresa alchemica, tanto è vero che scorda quanto le vien detto nei piani alti, e ritorna da sua figlia che tiene sempre al guinzaglio la cagnolina: la sognatrice ritorna al 'comodo' io diurno (la solita maschera che tutti indossiamo, la persona che crediamo di essere). Quel che ho appena detto sa davvero di follia, perché l'io onirico, protagonista assoluto del sogno, non può permettere in alcun modo di 'dormire'  nel suo sogno, per lasciare il suo posto all'io diurno. Ma se riusciamo a vedere una recita all'interno della recita, la cosa è accettabile. E poiché le rappresentazioni si intrecciano, arriva puntuale il colpo di scena: la trasmutazione di Marte (ferro) in oro, avviene nonostante tutto. Però, Carla capisce ciò grazie a suo figlio Andrea: "Ma non vedi? Non è farina di granturco è oro!!!". Andrea vuol dire 'virile, forza'. Siamo ancora nell'ambito di Marte: Carla si accorge della trasmutazione grazie all'aspetto virile di Marte, grazie alla forza ragionata. La spada del discernimento ha tagliato il nodo in una sorta di yoga della conoscenza. La Carla sognante ha osservato, si è dapprima ingannata, ha osservato con più attenzione, ha visto. Quella che sembrava farina di granoturco è polvere d'oro, ed essa scende dal cielo, dall'albero cosmico, attraverso le sfere celesti, che la improntano di sé e la rimandano giù qualificata. Ogni sfera gli assegna una vibrazione, un colore particolari. Per continuare ad interpretare il sogno, mi vien detto dall'altro punto di vista, devo giocare con la farina che scende dai suoi frutti sospesi in aria, ingiallirmi con essa, placcarmi, per scoprire alla fine che il gioco interpretativo è l'oro alchemico, prodotto da una immaginazione giocosa e creativa. "Allontanandomi vedo che hanno attrezzato la piazzetta con delle macchinette per far giocare i bambini ma scommetto che non ci andrà nessuno perché sono troppo care". Quando il lavoro alchemico (onirico) impazza, si scatena "il nemico" , l'ego onirico (ancora non ho incontrato, nella limitata letteratura psicanalitica da me consultata, ego onirici), che vorrebbe distrarre la facoltà immaginativa creatrice del sogno con macchinette ruba mente. Questo ego notturno credo debba esser diverso dall'io onirico: il primo è come la somma degli istinti del corpo di sogno, il secondo è l'illusorio protagonista del sogno stesso. Ecco che entra in scena Monica, che vuol dire anche "eremita": Carla cerca di sfuggire a tali trappole facendo ricorso alle sue forze eremitiche. Vorrebbe defilarsi, ma non ci riesce, perché il 'nemico', per questa volta la distrae: "decido quindi di uscire dalla strada principale passando tra gli attori che continuano a declamare. Parallelamente, tale mia interpretazione si arena, perché il sogno, per rimanere tale e conservare tutta la sua potenza trasmutatoria, avrebbe dovuto sottrarsi al mio lavoro diurno e letterale (fatto di parole, di lettere). Ma quell'oro, allora, era vero o falso? Il sogno dice che era vero, chi può contraddirlo fuori da esso?

Grazie. Nat



 

Sogno Carla  – fantasticherie interpretative di Maurizio

Siamo di fronte ad un quadro onirico raffigurante i vari livelli della personalità di Carla: la cagnolina Martina (Martina, da Marte, il potenziale attivo-aggressivo) ne rappresenta l’istintualità, la figlia Claudia ne incarna la ‘virtualità’ in sviluppo, di cui aver cura (Claudia è in relazione con lo zoppicare, il ‘claudicare’, quindi richiama il bisogno di sostegno e aiuto), da direzionare così come si fa con i figli. Poi c’è la Carla cosciente di sé, la protagonista del sogno, l’aspetto ‘conscio’, l’io. Nel palazzo alto c’è, infine, il medico togato: forse una prefigurazione del Sé oppure, semplicemente, il Super-io, in ogni caso un personaggio che rappresenta le zone ‘alte’, spirituali, sovracoscienti della sognatrice. Queste quattro figurazioni possono avere anche una facile collocazione sull’Albero cabalistico della struttura ‘sottile’ dell’uomo: in Assiah, Carla stessa, ‘agente’ autoconsapevole nel mondo dell’azione; Martina in Yetzirah, l’istintualità, il sentimento, l’astrale; la figlia in Briah, la mente, la parte intellettiva in crescita; il medico in Atziluth, il piano dell’Akasha, dei grandi Archetipi sovrastanti la ‘personalità’. L’Albero è anche presente nel racconto onirico, come una grande pianta che ha frutti bianchi e sferici, le Sefiroth, che producono farina di granturco-oro, come una sorta di ‘manna’, di elemento prezioso per metà cibo e per l’altra metà ‘metallo’, frutto di trasmutazione alchemica. Dopo di ciò i personaggi si differenziano, compaiono altri aspetti: Andrea, il figlio, Monica, l’amica, gli amici di Monica, i bambini, gli attori. La scena, finora legata alla dimensione verticale (palazzo, albero) diviene orizzontale: la piazzetta con i giochi e il mondo relazionale. Tutti gli altri personaggi sono anch’essi parti della sognatrice, non esprimenti tanto le grandi zone, i livelli nel senso ‘verticale’ della persona, quanto singoli aspetti: Andrea, che significa ‘Uomo’, l’animus maschile e la razionalità discriminante, capace di riconoscere e differenziare la farina dall’oro; Monica, la personalità sociale legata al mondo delle relazioni, che conserva però una sua autonomia (Monica significa anche ‘solitaria’); i bambini vestiti con colori solari: le energie in evoluzione, i lati ancora per lo più inconsci di Carla che, però, possono svilupparsi e crescere nelle zone coscienti della sua vita. Tuttavia i ‘giochi’ sono piuttosto dispendiosi: nella dimensione orizzontale, nel campo della coscienza, bisogna impegnarsi e impiegare una gran quantità di energie, che la sognatrice giudica eccessiva. La dimensione del ‘gruppo’ nell’ambito della ricerca, e possiamo alludere con ciò anche al gruppo onirico, comporta ‘sacrifici’, la necessità di mettersi in discussione e di impegnarsi attivamente. Gli attori, come pure gli stessi bambini, possono raffigurare questa dimensione di scambi, di contatti, di esperimenti, di rappresentazioni. Carla preferirebbe evitare il coinvolgimento, ‘per non disturbare’ – dice lei – ma non è possibile: non si può evitare. Nel buddhismo c’è un concetto importante che può esprimere bene il nucleo problematico espresso dal sogno: la ‘pratica’ che conduce all’illuminazione, non consiste soltanto nella ‘meditazione’ formale, da seduti, camminando, concentrati sulla tecnica, sulla consapevolezza del respiro, del mantra, del sutra o quant’altro; tutto ciò corrisponde alla ‘pratica per sé stessi’, ma esiste anche la ‘pratica per gli altri’ che implica l’attività concreta nell’aiutare, nel comunicare, nel coinvolgersi nel gioco di relazione. Nella metafora del sogno il palazzo, il colloquio con il medico, l’albero dalla farina aurea corrisponde alla ‘pratica per sé’; il parco giochi, l’ufficio, gli amici, i bambini e gli attori sono la ‘pratica per gli altri’.

 

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