Un sogno di Marijana

Subito dopo la festa di Capodanno fatta in Serbia, dopo essermi coricata verso le sette di mattina, ho fatto un sogno che non era dello stesso umore della notte appena trascorsa.
Sogno di dormire nella casa di una citta’ meridionale serba dove abitavo con i miei genitori e mio fratello, piu’ di venti anni fa, prima del trasferimento a Belgrado.
Nel sogno la casa ha lo stesso aspetto di una volta, pero’ io ho la mia eta’ attuale. Dormo nel salotto e non nella mia stanza come era in quegli anni.
Nel sogno sento il suono di una antica etno-musica balcanica (non so se questa musica venisse veramente da fuori, poiche’ nessuno dei miei l’aveva sentita quando ho chiesto il giorno dopo) ed esco nel terrazzino per vedere cosa stia succedendo. Penso a quanto siano antichi questi suoni ed all’improvviso davanti al palazzo vedo un gran sacco di plastica di colore celeste pallido.
C’e’ qualcosa dentro il sacco, ed io dal quinto piano mi sporgo per capire cosa ci sia. In quel momento vedo un’anziana suora che trasporta una vecchia e nera carrozza composta di diverse figure e decorazioni (in Serbia ci sono poche suore ed e’ raro vederle in strada). Lei si avvicina al sacco, lo apre per meta’ ed io vedo il corpo di un giovane e bel ragazzo, con capelli biondi e occhi azzurri. Capisco che e’ morto e rimango a guardare la scena: la suora dapprima lo osserva un po’, poi richiude il sacco e con grande facilita’ lo mette nella carrozza. Tirandola da sola si allontana lentamente.
In quel momento sul terrazzino esce mia madre e chiede cosa sia accaduto. Si sporge molto dal terrazzino per vedere meglio ed io ho paura che possa cadere giu’ Mi avvicino e la prendo  dalle spalle per non farla cadere e nello stesso momento lei, nelle mie mani, diventa una bambina di cinque anni. Con attenzione la trattengo un po’ nelle mani, poi mi sveglio.

 


 

Sogno Marijana - interpretazione di Franca

Ecco i numeri un po’ “velati”, nascosti, che Marijana ci offre come titolo del sogno: 1/1/2004 –7, vale a dire: 1+1+2+4+7= 15, numero relativo all’Archetipo del “Contrasto” , della lotta del bianco col nero, dell’Angelo con l’Avversario. Strano che anche Rosa ci abbia offerto nello stesso giorno, domenica 18/1/2004, un sogno con la data che portava allo stesso Archetipo. Qui pero’ non siamo in banca, come da Rosa, ma in Serbia: nella terra serba, che “conserva”, custodisce; e, in tal senso, anche il “Luogo” di Marijana e’ una “banca”, ma di memorie, di lotte  e di esperienze vissute.
Sogno di dormire nella casa di una citta’ meridionale serba  ecc. Marijana sogna di dormire nella casa dove abitava con i genitori e il  fratello come se li’ piu’ di venti anni fa, prima del trasferimento a Belgrado “dormisse”, e  poi, solo a Belgrado {= a bel - passo, = a (causa del) buon viaggio, = a (causa del) buon percorso (del Sentiero)}  fosse stata in “grado” di svegliarsi...
Ma nel sogno la casa ha lo stesso aspetto di una volta, pero’ lei, Marijana, e’ diversa, e dorme come un ospite di passaggio  nel salotto e non nella sua stanza.  Quindi e’ li’ come un osservatore, per una “valutazione” del tempo passato e vissuto in quella casa.
Il suono di un’antica etno-musica balcanica sveglia la dormiente di oggi, con richiami ancestrali (etnici), musicali, di “montagne” simboliche (percorsi in salita); subito essa esce nel terrazzino per vedere cosa succede: sappiamo che l’appartamento e’ al “quinto” piano e il terrazzino corrisponde a quello che potremmo individuare come centro “Daath” = Coscienza, nel percorso centrale dell’Albero: Malkuth> Yesod> Tiphereth> Daath, tenendo conto anche dello scantinato. Il punto “di vista” e’ al di sopra del mentale razionale, e’ quello che puo’ contattare anche l’Antico degli Antichi (Kether), come il suono “antico”che ha risvegliato la dormiente. Da tale punto di  vista ora il suo “occhio” (Daath) “vede” davanti al palazzo, palazzo che potremmo omologare al “Castello” con le sue stanze interiori, un gran sacco di plastica color celeste pallido; questo e’ palesamente un sacco della spazzatura, un sacco che incuriosisce la sognatrice fino a farla sporgere dal quinto piano: il colore del sacco “celeste pallido” fa pensare ai rifiuti relativi al centro della colonna di destra, Chesed, il cui colore e’ blu, e il celeste pallido e’pure  il colore del cielo (il Mentale, Briah). All’interno di questo piano ci deve essere stata una grande lotta se il risultato finale e’ un cadavere in un sacco.
A questo punto del sogno compare una anziana suora, e si suppone che sia una donna vestita da suora, altrimenti non sarebbe possibile riconoscerla come tale. La suora, come il frate, in sogno rappresenta “l’Eremita” interiore, quella parte di noi che, dopo aver combattuto le sue battaglie, si isola dal mondo per occuparsi delle “cose dello Spirito”; rappresenta anche il nostro “saggio” e percio’ anche quello o quella, in questo caso, che dopo la battaglia che si e’ svolta all’interno delle “stanze” di Chesed-Geburah, ne  porta via i rifiuti. Marijana dall’alto puo’ intravedere quali sono i rifiuti: il corpo di un giovane e bel ragazzo, con capelli biondi e occhi azzurri, un corpo dunque bello, ma morto. Il giovane, che ha l’aspetto del Principe, dovrebbe corrispondere al Tiphereth (Bellezza) dell’Albero, quindi al cuore. Tutto cio’ che di errato, ingiusto e morto era stato “figlio” del Chesed-Geburah di Marijana e’ora li’ in quel sacco; anche se sembrava bello e giovane, in realta’ non lo era. E, se lo era, e’ stato comunque “sacrificato” durante la battaglia. La suora che trasporta una vecchia e nera carrozza composta di diverse figure e decorazioni, (carrozza che puo’ essere omologata forse ad una incarnazione passata che ha contribuito come sub-strato all’attuale “vita” del palazzo o Castello) e... che con grande facilita’ mette il sacco sulla carrozza e che poi si allontana lentamente,  appare come “l’Angelo della morte” che porta via cio’ che non ha piu’vita ne’ ragione di esistere e  simboleggia la Marijana vecchia e saggia che sa cosa fare dei rifiuti del palazzo: portarli via, all’inceneritore, per eliminarli definitivamente.
La madre di Mariana (Geburah, la Sephirah complementare di Chesed) esce sul terrazzino per  sapere, per vedere, Marijana teme che possa cadere giu’ (cambiare di valenza, precipitare) o perdere il controllo alla vista della vecchia suora che se ne va col suo carico; per evitare questo e proteggerla, la prende dalle spalle, (parte del corpo in relazione con Chesed e Geburah) ed ecco: la madre diventa una bambina di 5 anni (5  e’ il numero anch’esso relativo a Geburah). Se Geburah ritorna bambina, vuol dire che  il centro ri-nasce, si rinnova, si rigenera dentro se  stesso.
E Marijana percio’ si sveglia, anche lei si e’ rigenerata con la madre. E avendo conosciuto dall’Alto i processi evolutivi del suo Palazzo interiore ha pure compreso il perche’ delle le sue battaglie di ieri e di oggi.

 

Grazie. F.V.

 

 

Sogno di Marijana  - Interpretazione di Natale

E' questo il primo sogno del 2004 di Marijana. Possiamo dare ad esso la stessa importanza che di solito il terapeuta dà al primo sogno dell'analizzando. La sognatrice, di nazionalità serba, si trova in  Serbia per festeggiare il primo dell' anno. In questo ci piace vedere un tentativo di ritorno alle origini, peraltro confermato dal sogno, al fine di redigere un doppio bilancio: uno consuntivo e riguardante il passato, l'altro preventivo riguardante ovviamente il futuro. E' questo un atto di riflessione che di solito vien fatto "nel mezzo del cammin di nostra vita". Ma qui occorre fare una considerazione. Ognuno di noi, attimo per attimo, alimenta quello strano senso di continuità che l'ego sembra offrire al corpo e alla mente. Nel corso di una giornata, la vita di ogni persona, animale, pianta o cosa, scorre in modo talmente folle, che è davvero incredibile come si possa parlare di continuità della persona o altro. La nostra identità certa, vera, inconfutabile è quella VITA che vivendo in noi "gioca" questo strano gioco dell'esistenza, caratterizzato dai mille ruoli che il corpo-mente, nel corso di un sol giorno è destinato a recitare. Questa Vita che pulsa in ogni galassia, in ogni sole, pianeta, pietra, albero, animale,  pianta, e che è inconfutabile e dotata di eterna continuità, viene trascurata nonostante ci potrebbe condurre, sia col sentimento, sia col pensiero, sia con lo sguardo, e sia soprattutto con se stessa (dal momento che Quella che è in noi può unirsi a Quella Universale) oltre gli assurdi confini di noi stessi. Invece di cantarLa, lodarLa, esaltarLa, esserLa, che facciamo? Trascorriamo il 90 %  di questo nostro "viaggio" scambiando noi stessi per un ego che è pura illusione. Non ci vuole la laurea per capirlo. Il corpo è fatto di cibo, di aria, di acqua, di sole e di stelle, quindi siamo ciò che mangiamo, respiriamo, assorbiamo. Non esiste un'entità corporea che può essere definita "io" in modo continuativo. La nostra mente, a livello cerebrale è un computer imbottito di dati, a livello psichico, è invece parte di un Tutto (Anima del mondo di platoniana memoria), quindi non si capisce come possa contenere un "io". Come si fa, dunque, a dire "io"? Io chi? Ed eccoci alle prese con profondi studi per conoscere noi stessi (ma non si sa bene cosa). Noi siamo Vita, ma invece di studiare Vita studiamo forme prive di sostanza. Le scienze biologiche avranno fatto passi da gigante, hanno stilato la mappa del DNA, sicuramente allungheranno la vita media dell'uomo e di altro, elimineranno tanta sofferenza, ma basta osservare un cadavere animale, vegetale o minerale, un uomo morto, un albero secco, un ferro arruginito, per capire una volta per tutte come ognuno di essi sia una forma vuota priva di essenza. Solo quando moriremo ci potremmo rendere conto che alla fin fine eravamo Quello che ha lasciato il corpo, ma purtroppo tale constatazione non è possibile farla, dal momento che il corpo era lo strumento che attraverso i sei sensi (cinque più la mente) poteva permettercielo. Possiamo osservare il fenomeno nelle altrui dipartite, ma siamo troppo presi dalla nostra sopravvivenza, o da inutili piagnistei causati da egoismo, paura, solitudine, ecc.
Cosa c'entra tutto questo col sogno di Marijana? C'entra, perché i sogni, in fin dei conti altro non sono (nel caso di chi veramente cerca di conoscere se stesso) che messaggi, indirizzi, suggerimenti, che quella parte di psiche universale (detta Inconscio a partire da Freud) dà al ricercatore, ond'egli possa, assimilandone un po' per volta i contenuti, allargare i confini della sua cosiddetta coscienza. Non possiamo legare la "nostra" psiche ai soli avvenimenti giornalieri che influenzano il "nostro" corpo e la "nostra" mente. "Noi" siamo più "grandi" di quanto pensiamo. Jung ha cercato di farcelo capire con il suo Inconscio Collettivo, ha cercato di spingerci cautamente verso gli archetipi di esso, ha cercato di metterci in guardia dal rischio di abbandonarsi al dolce richiamo del loro canto (vedi Nietzsche e l'ebrezza del suo Superuomo, che altri non è che un uomo ordinario completamente posseduto dalla forza (se non controllata) distruttiva di quell' archetipo. Siamo altro da…noi, siamo molto più di noi, forse siamo davvero Quello, come dicono i vedantini.
Sogno di dormire nella casa di una città meridionale serba dove abitavo con i miei genitori e mio fratello più di venti anni fa…la casa ha lo stesso aspetto di una volta, però io ho la mia età attuale. Dormo nel salotto non nella mia stanza.
Marijana, o meglio la Vita che anima la nostra cara amica, nel sogno, cioè fuori dal corpo, non può che avere sempre la stessa attuale età, quella del qui ed ora, dell'assoluto presente che la contraddistingue. La casa deve avere lo stesso aspetto di una volta, perché essa è il corpo-mente: solo che un tempo, nella gioventù, la stanza dell'ego (la mia stanza) ospitava Marijana quasi a tempo pieno, perché a quell'età si fanno progetti, si nutrono speranze, desideri a lungo termine che riguardano la nostra persona. Quando si matura, quando si cresce, si è costretti a passare nel salotto, cioè ci si deve necessariamente confrontare con gli altri, parlare con loro, ascoltarli. Si deve insomma fare salotto. Ecco perché la sognatrice dice di dormire ora nel salotto: la Vita che la anima vuol comprendersi non solo qui, ma qui e lì. Nel sogno sento un suono di antica etno-musica balcanica. La Vita ha un suo profumo, un suo suono, un suo canto, un suo succo peculiare. Il suo suono autentico è qui simbolizzato dall'antica etno-musica: ognuno per il solo fatto di renderLa, per così dire, manifesta col proprio corpo, eleva un canto ad Essa, e questo canto non può che essere semplice, popolare. Ma poiché è balcanica, questa è musica delle origini: quasi che Marijana stesse cercando la "sua tonalità", o se volete, la sua particolare armonia. Sì, perché in fondo questa musica popolare è la più semplice testimonianza della eterna sinfonia della Vita. Nessuno dei miei l'aveva sentita quando ho chiesto il giorno dopo. Ognuno può sentire la "sua" musica, quindi non potevano. La musica delle sfere non è detto che debba esere solamente macrocosmica. Questa può essere sentita, forse, solo dopo essersi imbattuti in quella microcosmica. Da questo punto di vista la Vita è gioia e non sofferenza, perché le vibrazioni musicali sono manifestazione dell'Essere, e non possono quindi che essere gioiose. Solo dal punto di vista del corpo la vita è sofferenza.
Esco nel tarrazzino per vedere cosa stia succedendo.
E qui veniamo a quello che dicevamo all'inizio: Marijana-Vita da un punto "strategico" dà un'occhiata allo spazio-tempo futuro. E qui il sogno diventa molto simbolico. Marijana-vita, con questa parte di sogno, conferma a se stessa quanto abbiamo detto: il suo intelletto, la sua religiosità, sin da giovane sapeva benissimo dell'impermanenza dei corpi, e sapeva anche che erano in pochi a quel tempo a capire la stessa cosa. Infatti, le suore che rappresenta tale senso religioso, a quei tempi erano rare: quella è la "sua" suora, la quale, col giusto atteggiamento mentale considera il corpo privo di vita di un bel giovane chiuso dentro un sacco di plastica, come un po' di fango. La carrozza che trasporta, allegoricamente, attraverso figure e decorazioni, ci dice proprio questo: l'essere umano è una mera figura, una semplice decorazione che la Vita regala a se stessa attraverso una "danza" o meglio un "canto-etnico" frenetico. Perfino la figura dell 'Animus junghiano è una decorazione…
Dopo aver dato un'occhiata avanti, Marijana-vita dà pure uno sguardo indietro: e lì sulla terrazza, ecco come alla sognatrice viene offerta la grande opportunità di cullare, in quanto Vita, le piccole forme di sua madre bambina. Ma questa è la parte più bella del sogno, perché ci racconta come la mamma di Marijana, pur essendo figlia della Vita, è madre di Marijana che è Vita a sua volta: quel giovane privo di vita nel sacco di plastica portato via dalla suora, sembra proprio una figura alchemica, una di quelle tante figure che rappresentano la morte del soggetto dell'arte, che da lì a poco uscirà dal sepolcro come una fenice dalle proprie ceneri.
Tutto questo accade in quel meraviglioso vaso che è la psiche della sognatrice: laddove la Vita prende forma, laddove una etno-musica diventa persona: una maschera provvisoria di VITA.
La madre di Marijana è affacciata dalla terrazza, la figlia ha paura che cada e la prende per le spalle, ed in quel momento lei, nelle mie mani, diventa una bambina di cinque anni. E' proprio vero Marijana, la vita è nelle mani di ognuno di noi, perché la fonte di essa non ci è stata mai così vicina, perché noi  siamo VITA. Ma la cosa è vera anche nel caso in cui non lo sapessimo, perché il nostro futuro è figlio diretto di quanto stiamo facendo qui ed ora: noi, con le nostre parole, con i nostri pensieri, con le nostre opere, non facciamo altro che cucirci i costumi per i personaggi che domani andremo interpretando.

Grazie. Nat.

 

 

 

Sogno di Marijana  – interpretazione di Maurizio

Il Capodanno è una importante festa di carattere dionisiaco e pagano, tanto quanto il Natale è apollinea e, in senso religioso, cristiana. Ambedue le celebrazioni hanno un legame con il solstizio invernale, momento in cui ‘rinasce’ simbolicamente il Sole, ma rappresentano aspetti diversi e complementari dell’evento: il Capodanno è ebbrezza, apertura, abbandono, il Natale è ascesi, raccoglimento, sublimazione, e ciò in relazione metaforica con il carattere dei raggi solari, rappresentati tradizionalmente come ondulati (calore) e retti (luce). Marijana racconta di aver festeggiato l’inizio dell’anno nella maniera dionisiaca fino alle sette del mattino; poi, una volta addormentata, nell’esperienza onirica lo celebrerà con diverso ‘umore’, cioè con la modalità apollinea della luce e della consapevolezza. Ciò probabilmente corrisponde anche al momento attuale della sua vita e della sua crescita, quasi che questa fase fosse una sorta di ‘solstizio d’inverno’ dal quale ripartire.
La nostra sognatrice ritorna, per meglio rappresentarsi questo passaggio fra una fase e l’altra della vita, ad una situazione del passato, nella casa dove abitava più di venti anni fa, in una città meridionale della Serbia, prima di trasferirsi a Belgrado. Belgrado rappresenta probabilmente la Marijana adulta, formata, in relazione con sé stessa e con il mondo: è il campo della coscienza dell’io. La città del passato, invece, può riprodurre l’età adolescenziale della crescita, di certe strutture di base legate al mondo genitoriale e subconscio, elementi che finora sono stati importanti in Marijana. L’età della sognatrice nella situazione descritta dal sogno è l’attuale e lei dorme sul divano, non nella sua stanza di allora, quasi fosse un ospite: è evidente che sta tornando da visitatrice a ciò che l’epoca raffigura e simbolizza, per riflettere, far luce, capire, proprio come una spettatrice in parte distaccata. Una musica antica è lo stimolo all’osservazione, un’armonia che lei stessa non sa se interna o esterna, se onirica o reale: al risveglio chiederà ai ‘suoi’ la conferma della presenza del suono, ma questi dichiareranno di non averlo udito. Nel simbolo possiamo riscontrare nella musica etnico-balcanica antica qualcosa d’ancestrale, atavico, collettivo, sovra-personale, che le componenti genitoriali o familiari della psiche personale non possono percepire perché è ulteriore rispetto ad esse. Marijana, convocata dalla musica della Coscienza, vuole sapere cosa sta succedendo ed esce sul terrazzino della casa ad osservare dal quinto piano quanto accade sulla strada. La scena che lei vede è quella di un parto metaforico, ma invertita di polarità: invece che di una nascita si tratta di una morte. L’anziana suora è la levatrice, il sacco di plastica celeste è il ventre, il bellissimo giovane - si potrebbe quasi dire un principe azzurro - è il nato-morto che fuoriesce dall’involucro che lo contiene, il carro nero e istoriato è l’incubatrice-culla-tomba, nonché vaso alchemico di trasmutazione con la raffigurazione delle fasi dell’Opera. Al di là di queste immagini forti e del turbamento che possono suscitare, il simbolismo sembra il seguente: l’Animus della sognatrice, quello della prima parte della sua vita che l’ha seguita finora, rappresentante degli ideali e dei desideri di un certo periodo e di una certa fase, è morto, nel senso che è ora superato, dev’essere immerso nell’Athanor e trasmutato. A compiere l’operazione è la suora che, non si sa se con atteggiamento predatorio oppure ispirato alla pietas, raccoglie il corpo e lo issa con facilità sul carro. Questa suora è figurazione della grande madre velata e archetipica che interviene – sia pur raramente, cioè in momenti particolari – nelle vicende del ‘mondo’, specchio su un piano inferiore e talvolta terribile, doloroso, della Vita quale forza trasformante e rivitalizzante. La madre personale del sogno, invece, può indicare quelle strutture super-egoiche di Marijana che non percepiscono la ‘musica etnica’, cioè il richiamo del Sé, e che rappresentano le componenti conoscitive acquisite attraverso l’educazione, alla base della mente razionale. La fine del racconto onirico vede questa madre cercare di osservare e giudicare il profondo e misterioso movimento di metamorfosi psichica in atto, ma ciò è un pericolo per lei: per questo motivo Marijana deve trattenerla, essendo la genitrice come una bambina piccola, cioè inadeguata e vulnerabile, rispetto all’impatto con gli archetipi della trasformazione. La sognatrice, inoltre, proteggendola, rivela una raggiunta superiorità coscienziale, una avvenuta individuazione rispetto alla sua stessa mente. Rimane un interrogativo, cui le facoltà oniriche della nostra amica non sembrano ancora dare una risposta: quale sarà l’aspetto dell’Animus trasmutato? Quale, quindi, la direzione evolutiva? L’unico indizio che viene fornito è proprio quell’attitudine finale di Marijana ad essere madre della propria madre, e anche quel numero cinque ripetuto: quinto piano, cinque anni… come un’allusione ad una sorta di quintessenza in corso di distillazione: cioè un’essenza, una sintesi, un costituendo nucleo centrale e superiore di equilibrio e realizzazione.

 


 

Albero della Vita – Marijana 4

 

 

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