Un sogno di SIMONETTA


Sono sul posto di lavoro, non meglio identificato: ambiente grande, negozio o studio commerciale.
Devo portare una lettera con dei soldi a mio zio Bruno (defunto). Mi ritrovo sull’autobus, schiacciata tra la gente, in prevalenza uomini; controllo nella borsa se ho preso la lettera con i soldi e se sono ben conservati...
L’autobus arriva a Piazza S.Giovanni in pieno comizio, tenuto da Enrico Berlinguer: sento distintamente la sua voce. Questo contrattempo non mi provoca tensione o nervosismo, sono serena e certa che l’autobus proseguira’ per la sua strada. Alla fermata il bus si svuota e decido di sedermi in uno scomparto dove ci sono 5 posti comodi e uno strapuntino triangolare, li’ mi siedo; negli altri posti si trovano: una signora bionda sulla sessantina e una mamma con 2 gemellini seduti ai lati; eravamo tutti seduti con le spalle  ai finestrini. Sale una ragazza carina ma dimessa, con una gonna azzurra stropicciata, si china e raccoglie un centesimo; e’ evidente che chiede l’elemosina, ma ci guarda senza chiedere. Compare un uomo accanto a me che con un cenno della mano la allontana dicendo: “Vai, vai”.
Questo sogno e’ diverso dai miei soliti perche’ mi da’ serenita’, sicurezza. Sono spettatrice.

 

 

 

 

Sogno Simonetta - interpretazione di  Franca

“Sono sul posto di lavoro”: essere sul posto di lavoro, anche se non meglio identificato, significa essere pronti, disponibili a fare il proprio dovere, ad adempiere il compito che ci e’ stato assegnato,  anche se non si e’ ben certi di quale esso sia.
Subito dopo pero’ questo lavoro viene specificato in un incarico: “portare una lettera con dei soldi a mio zio Bruno (defunto)”; dunque il compito e’ stato precisato: portare una lettera (contenente ovviamente istruzioni e comunicazioni) allo zio Bruno  (= ad una componente maschile, razionale, della sognatrice, autorevole, ma nascosta, oscura) con dei soldi ( = energie, potenzialita’); tale componente pero’ e’ “defunta”, del passato, morta al mondo assianico, ma tuttora attiva nel mondo sottile della psiche. Per portare a compimento l’incarico la sognatrice sale su di un autobus che la fa trovare in una situazione spiacevole, scomoda: si trova schiacciata in mezzo alla gente, in prevalenza uomini,  queste energie mascoline-razionali non ben qualificate, la opprimono e tentano di soffocare la sua femminilita’, ma la sognatrice non perde di vista lo scopo del viaggio e si assicura che lettera e quattrini siano “ben conservati”. Poi l’arrivo in “Piazza S. Giovanni” (Giovanni  = dono o grazia di Dio),  chiarisce e sblocca la situazione, infatti tutti gli uomini dell’autobus scendono a quella fermata nella piazza dove Enrico Berlinguer tiene un comizio. Esaminiamo questo nome: Enrico ( = capo di casa ) Berlin –(a)  ( = castigo, gogna, punizione) guer –(ra) ( = battaglia, lotta, contrasto): il comizio di questo “capo di casa”  incita alle guerre ed ha dentro di se’ le relative punizioni che tali atteggiamenti negativi comportano; e’ bene che l’autobus di Simonetta si svuoti di quei personaggi maschili cosi’ soffocanti e mal diretti: ora infatti l’atmosfera e’ decisamente migliorata: i posti a sedere sono 6, di cui 5 piu’ “comodi” e uno, lo strapuntino, piccolo ma triangolare (ricordiamo che il triangolo e’ la forma geometrica  relativa al numero tre, numero di perfezione e simbolo del “Figlio”, Daath), su di esso si siede Simonetta,  in basso, a rappresentare il Malkuth dell’Albero con le sue potenzialita’; i sedili hanno i finestrini alle spalle e guardano percio’ la porta: e’ questa una posizione di privilegio per chi e’ seduto: la luce viene dal di dietro e permette di  “vedere” meglio (la situazione) la porta e’ davanti e cosi’ si puo’sorvegliare l’entrata degli estranei. Esaminiamo i personaggi che sono sull’autobus e che occupano i sedili: c’e’ una bionda sulla sessantina, quella parte di Simonetta  (Malkuth) che,  essendo “vecchia” possiamo dire relativa al passato; c' e’ la mamma con i due figli gemelli, una Simonetta volta verso il futuro che con i figli gemelli (Hod-Netzach) rappresenta il suo mondo astrale (Yetzirah) ben equilibrato; poi “sale” sull’autobus un’altra parte di Simonetta, la ragazza giovane e carina dalla “gonna azzurra”: tale attributo la qualifica come  relativa al mentale della sognatrice, poiche’ l’azzurro e’ il colore del cielo, dell’aria, elemento attribuito al mondo di Briah; ma la gonna e’ “stropicciata”,  non in ordine, scomposta: la componente  mentale-razionale  e’ ancora immatura (lo zio e’ defunto = il mentale-intuitivo non e’ ancora rinato), essa vorrebbe chiedere alle altri componenti (vecchia, mamma e Simonetta spettatrice) l’elemosina, qualche moneta (un po’ di energia), ma (a terra) trova solo un centesimo  (di quanto avrebbe bisogno per realizzarsi).  A questo punto compare accanto alla sognatrice un Uomo che allontana la ragazza: non e’ il momento  per “questa” Simonetta  di sedersi in quel posto rimasto vuoto, piu’ tardi, quando si sara’ trovata il suo “lavoro” e non chiedera’ piu’ l’elemosina e quando avra’ riordinato  la sua veste (avendo consegnato allo zio la lettera e i denari), allora l’Uomo, che rappresenta il Se’ Superiore, le permettera’ di occupare il posto vuoto e l’autobus arrivera’ alla sua successiva fermata con i passeggeri comodi, rilassati e tutti sereni.

Grazie. F.V. 

 

 

 

 

 

 

Sogno di Simonetta - Interpretazione di Natale

Per tutto il Settecento e l'Ottocento l'universo era visto come un'immensa macchina che si muoveva secondo le precise leggi scoperte dal genio di Newton (forza di gravità che manifestandosi nella reciproca attrazione dei corpi - pianeti o atomi che fossero - ne produceva il moto). Questa sconfinata macchina era quindi governata da meccanismi causali. Una prima spallata a questa concezione venne data dallo studio di elettricità e magnetismo (i campi magnetici non ubbidivano alle leggi newtoniane), ma il colpo di grazia fu inferto dal più grande genio del secolo, Einstein. La materia, alla luce della famosa eguaglianza  E = emmecidue , diventa soltanto una forma di energia (l'energia è uguale alla massa per la velocità della luce al quadrato); il tempo diventa relativo, ed insieme con le 3 coortinate dello spazio dà vita alla quarta dimensione, esso è una quarta coordinata; le particelle sub-atomiche non sono più un corpo infinitamente piccolo, ma strutture dinamiche che nello spazio-tempo non hanno sostanza materiale; ogni corpo non è altro che un ammasso di strutture dinamiche in continua trasformazione: "danza continua d'energia"  (Fritjof Capra - Il Punto di svolta - Feltrinelli); il cosmo è vivo e "la sua attività è l'essenza stessa del suo essere" (idem). Dopo Einstein - e qui ci avviciniamo al sogno di Simonetta - una certa corrente di fisici (approccio del Bootstrap) propugna una filosofia che "Non solo abbandona l'idea di componenti elementari della mateia, ma non accetta entità fondamentali di alcun genere" …      Il fatto che tutte le proprietà delle particelle siano determinate da prinicipi strettamente connessi ai metodi di osservazione significherebbe che le strutture di base del mondo materiale sono determinate, in ultima analisi, dal modo in cui noi osserviamo questo mondo; che le strutture osservate della materia sono riflessi di strutture della mente "(idem). L'autore citato innalza tale approccio al livello della filosofia buddhista o taoista (io aggiungerei del Vedanta). Insomma, il mondo
"Così é…(se vi pare)… Certo  è che scomodare tanta genialità per interpretare il sogno di Simonetta è sicuramente eccessivo, ma se diamo credito alle parole di commento finale della stessa sognatrice, ci accorgiamo che esse ci danno, perlomeno, l'opportunità di ripassare un po' di filosofia e di fisica: a Newton, Einstein, Bohr, Heisenberg
& C. farà sicuramente piacere.
"Questo sogno è diverso dai miei soliti, perché mi dà serenità, sicurezza. Sono spettatrice". La coscienza della sognatrice comincia finalmente ad osservare la danza dell'Energia, della Vita sconfinata di cui essa è parte inscindibile. Comincia a suggerire alla mente che l'individuo Simonetta è parte di quella stessa danza, è quella danza e non una realtà separata da quel fantastico "dinamismo vitale"  che fa del mondo una unità  di moto perpetuo che non assegna privilegi a nessuno. Sarebbe forse il caso di ricordare come, nel suo libro autobiagrafico Incontri con uomini straordinari, Gurdjieff parli di danze particolari, intese come archivio di saggezza. Chissa? Forse davvero nella "orbita" di ogni corpo, nella sua "rotazione", nelle sue particolari vibrazioni, è contenuto il mistero del suo "talento", quello da spendere in questa vita, per contribuire all'Armonia Universale, unico fine dell' Essere.
Ma entriamo nel sogno. Simonetta, con quella sua breve frase di commento, ci ha proprio spinti al parallelo con i concetti di certa filosofia della fisica moderna. Lei, asserendo di essere spettatrice, ha smesso (almeno in teoria: e non è poco) di identificarsi col solo corpo. Ammettere di essere spettatrice nel sogno è il primo importante passa per giungere ad essere spettatrice di sé nella vita di tutti i giorni. Spesso, in questa nostra vita assianica, tutto ciò che di doloroso accade, viene mitigato dal tempo, e cose viste col senno di poi, cambiano fisionomia: ciò che un giorno ci fece piangere, oggi ci fa ridere, perché emotivamente distanti dall'avvenimento. Ecco, la sognatrice dà l'impressione di cominciare a prendere le distanze dal suo ciclone emotivo, da quel vortice che fino a ieri la costringeva, la dominava. Ora comincia ad osservarne la causa e la dinamica da spettatore e non da attore.Simonetta (almeno sembra) comincia a scorgere, al di là degli avvenimenti della vita, la Danza che li provoca, ed assistendo ad essa sente di esserne un po' il coreografo, perché  in quell'osservare c'è stupore creativo, come se realizzasse che ogni movimento è legato alla miriade di altri movimenti, e che tutti costituiscono il grande LA', l'OM, il VERBO. Quindi, una danza che diventa manifesta ad ogni "rumore di passo". La vita è danza estatica, ma non ce ne rendiamo conto, l'abbiamo dimenticato, e per la nostalgia di estasi ci sottoponiamo a volte a discipline dure, pur di provarne qualche briciolo. Le distrazioni sono tante, troppe, ed anziché abbandonarci alla danza estatica del vivere come dei dervisci ruotanti, ci facciamo trascinare  da disarmonie senza senso del "morire", cioè dalle istanze di un illusorio ego.
"Ero sul posto di lavoro, non meglio identificato, ambiente grande, negozio o studio commerciale". La sognatrice considera la propria vita come un posto di lavoro non identificato, ma comunque come un ambiente di relazioni: Simonetta, almeno nel sogno, è certa che la vita è un luogo di incontro e di scambio, e non di scontro e di protezionismo. Ciò conferma quanto detto nell'introduzione di questo commento: la sua coscienza comincia a manifestare tendenze dilaganti, cosa indispensabile, se si vuole percorrere la strada della comprensione. Comincia a sentire-vedere quella danza cosmica, che gli antichi cinesi hanno "materializzato" nell'eterno mutamento. Yin e Yang mutano uno nell'altro: nulla che sia definitivo, immutabile. La sognatrice, in questa parte di vita, ha uno scopo preciso, "portare una lettera con dei soldi" al defunto zio Bruno. Forse sta comprendendo che in passato, un suo importante mutamento  è avvenuto  grazie a questo suo parente, che direttamente o meno le ha insegnato qualcosa di fondamentale. Vuole perciò incontrarlo per mostrargli tutta la sua riconoscenza, e per convincersi della continuità della danza. D'altra parte, zio Bruno è anche una sua componente morta, passata, la quale deve essere ripagata materialmente e non, perché, nel bene o nel male, da essa è scaturita, dopo innumerevoli passi di danza, l'attuale Simonetta. Il viaggio verso la propria interiorità mette la sognatrice in contatto con folle di sé che fino a ieri l'avrebbero certamente inquietata, e che nell'attuale condizione costituiscono un semplice contrattempo (si trova in un autobus affollato che poco dopo si ferma, a Piazza San Giovanni ad un comizio di Enrico Berlinguer). Questi eventi sono ricordi di periodi di vita caratterizzati da  "ateismo" (ce lo indica il partito di Berlinguer) scosso dal potente invito al pentimento e alla conversione gridato dal Precursore del Cristo nell'intimo di lei. La parte centrale del sogno indica proprio il momento della conversione, del cambiamento di rotta: lasciata la via larga e comoda piena di folla (autobus stracolmo) Simonetta decide di percorrere quella solitaria e stretta (scarica tutti i passeggeri alla fermata). Ma questa fase riguarda anche il modo del suo viaggiare. Sceglie di sedersi su uno strapuntino triangolare e non su comodi posti vuoti : allusione chiara alla Trinità ed all'umiltà predicata dal Cristo. Ha scelto la sua via e la percorrerà "in compagnia di una signora bionda sulla sessantina, e una mamma con due gemellini seduti ai lati".
La signora bionda di sessant'anni sta ad indicare che la sognatrice accetterà completamente le età che dovrà  vivere, grazie ad una più chiara (capelli biondi)  comprensione mentale. La mamma dei due gemellini è l'Essenza, il Tao con i suoi due figli: Yin e Yang. Simonetta porterà con sé la certezza di quella danza estatica che la vita propone attraverso il mutamento continuo da Yin  a Yang e viceversa (i gemelli sono "intercambiabili", perché ognuno dei due contiene l'altro). Infine, il mendicante che c'era in Simonetta, quello che scordandosi d'essere re mendicava centesimi per l'ego, viene allontanato da un cenno di mano della ragione.
Ognuno su questo sogno dirà la sua "verità". Se consideriamo questa avventura onirica della nostra amica come una particella sub-atomica, sarà nel giusto sia chi la vedrà come un corpuscolo (un'interpretazione terra terra…), sia chi la considererà come un' onda (un'interpretazione esagerata…). Questo paradosso (la particella sub-atomica è sia un'onda che un corpuscolo) in fisica è stato accettato, ed in Simonetta pure, dal momento che i due gemellini saranno suoi compagni di viaggio. La signora Frola dice la verità, ed il sig. Ponza, che afferma il contrario, dice anche lui la verità: Così è (se vi pare).
Quello che alla fine aiuterà Simonetta nella vita sarà non una esatta (!) interpretazione che non può esistere (il punto di riferimento-analista è in movimento ed il punto di riferimento-paziente pure…), ma lo spirito con cui accetterà di danzare quanto la Vita le regalerà.
Una curiosità: mentre terminavo lo scritto, ho udito gli zoccoli al passo di un cavallo e ho guardato: la testa di una simpatica amazzone, pareva navigare nell'aria, da destra a sinistra al di sopra del cancello, ed in quattro secondi è scomparsa, mentre la musica degli zoccoli continuava. Che bella danza!             

Grazie, Nat.

 

 

 

 

Sogno di Simonetta – fantasticherie interpretative di Maurizio

1.      L’ambientazione iniziale del sogno è quella di un ‘posto di lavoro’ non meglio definito, forse – dice l’amica sognatrice - un negozio o uno studio commerciale. Nella nostra ottica di ‘onironauti’, dopo aver lavorato su tanti dei nostri sogni, ogni frase, ogni parola comincia ad assumere connotazioni precise. Già da questo primo momento del racconto onirico di Simonetta, dunque, ricaviamo:

a)      il posto di lavoro: il ‘lavoro’ nel senso profondo e interiore, nell’accezione più alta e ‘vera’ del termine, è quello su sé stessi, relativamente all’indagine autoconoscitiva. Il riferimento è al laboratorio alchemico dove si compie l’‘Opera’, quella della trasmutazione del ‘metallo’ in ‘oro’ e dell’oscurità in Illuminazione;

b)      il negozio: la sognatrice caratterizza tale ‘lavoro’ come una trattativa, una contrattazione – questa l’indicazione implicita nella parola ‘negozio’ – con il proprio inconscio, con le parti profonde di sé. Probabilmente l’allusione è al fatto che il rapporto con il cosiddetto ‘inconscio’ non è semplice e immediato: la coscienza deve accettare che i contenuti nascosti emergano, deve porvi attenzione, accoglierli, valorizzarli. Soltanto per merito di questa sollecitudine consapevole la nostra interiorità cede i suoi significati, gli eventuali tesori e la sua energia;

c)      lo studio commerciale: il termine ‘studio’ sottolinea ancora l’impegno in senso autoconoscitivo, base di qualsiasi ‘commercio’ reale e apportatore di risultati positivi. In altre parole ‘studio’ e ‘commerciale’ equivalgono all’impegno nel mettersi in discussione, cosa che la sognatrice fa anche offrendoci il racconto delle sue esperienze oniriche.

2.      Il ‘compito’ indicato dal sogno è quello di portare allo zio Bruno una lettera con dei soldi. Simonetta ci informa che questo zio nella realtà è defunto. Da ciò attingiamo le seguenti riflessioni:

a)      nel portare denaro ad un morto si può intravedere, in senso generale e non necessariamente in rapporto con questo sogno in particolare, una relazione con gli antichi rituali dell’offerta ai trapassati fatta, a seconda delle varie culture umane, con cibo, acqua, fiori, essenze odorose o altro.  Alcuni dei significati possibili sono:

·        dare ‘vita’ alla ‘morte’, esorcizzando quest’ultima e compensandone l’apparente vuoto di significato;

·        offrire simbolicamente un ‘corpo’, cioè un supporto materiale e vitale, allo ‘spirito’ del defunto, ricomponendo così l’unità degli opposti polari; tra l’altro i ‘soldi’ che la sognatrice dovrebbe consegnare allo zio derivano terminologicamente dal latino ‘solidum’, cioè ‘solido’, ‘dotato di massa’, ‘materico’;

·        dare alla persona trapassata qualcosa di sé che possa compensare eventuali mancanze, errori o rimpianti relativi al rapporto creatosi quando era in vita.

b)       Il nome ‘Bruno’ significa ‘scuro’, con probabile riferimento alla carnagione; però l’etimologia più antica, passando attraverso il latino, origina in realtà dal danese antico ‘brun’ con il significato di ‘ardere’, ‘ardente’, ‘arso’: di qui il colore tendente al nero, ‘bruciato’.

·        Ciò riconfermerebbe l’indicazione onirica del tema della morte: questa, infatti, è spesso simbolicamente in relazione con il fuoco, la fiamma, l’incenerimento, la distruzione e l’annientamento della vita intesa come ‘umidità’, ‘acqua’;

·        il fuoco è anche legato alla ‘purificazione’, all’estinzione delle scorie, delle zavorre, dei vincoli, del karma, alla liberazione, e – per ritornare al concetto già espresso prima in relazione al ‘lavoro’ nell’Opera - alla trasmutazione alchemica del metallo vile in oro.

c)      Il termine ‘zio’ potrebbe rimandare ad innumerevoli interpretazioni, alcune delle quali in rapporto con la linea ‘paterna’ o ‘materna’ di appartenenza e con possibili nozioni psicoanalitiche. Noi, però, non abbiamo nessuna concreta conoscenza biografica relativa a Simonetta e a questo zio: la sognatrice non ce ne fornisce nel suo racconto. Dobbiamo quindi ‘scavare’ in altra direzione. Notiamo, quindi, che:

·         la parola italiana ‘zio’ deriva dal greco ‘theios’, QEIOS, che possiede una curiosa omofonia con un altro termine greco, ‘theios’, anch’esso scritto QEIOS, che è un aggettivo e vuol dire ‘divino’. Theios logos è la ‘rivelazione divina’, mentre theios aner è l’’uomo divino’, una definizione con la quale gli gnostici indicavano Gesù.

·        Quello degli zii, in un certo senso, è un grado di parentela ‘obliquo’: non c’è il rapporto diretto che si ha con il genitore, lo zio è un personaggio a latere del genitore stesso. In diverse culture primitive, e anche in certe osservazioni della ricerca psicanalitica, lo zio riveste alcuni degli attributi del genitore, magari accentuandone o modificandone in parte il ruolo: per esempio uno zio ‘paterno’ può avere alcune delle funzioni del padre, incarnandone talvolta la severità, oppure la protettività in grado maggiore del padre stesso, come ne fosse la sottolineatura o la specificazione sotto particolari punti di vista.

·        Theios’, ‘divino’, è in relazione con ‘theos’, QEOS, ’dio’, essendone l’aggettivo. Un aggettivo ‘qualifica’ il sostantivo e ne può indicare una specificazione, una funzione, quasi in analogia con quanto detto a proposito dello ‘zio’ e del ‘genitore’.

Per sintetizzare quanto dunque è emerso a proposito della ‘lettera con i soldi’ da portare allo ‘zio Bruno’ possiamo dire che:

a)      la sognatrice, nella sua attuale ricerca di approfondimento interiore, ritiene di dovere e potere creare una integrazione fra mondo ‘concreto’ (i ‘soldi’, da solidum) e le dimensioni spirituali e ignote (il defunto, la morte);

b)      nello ‘zio Bruno’ possiamo rintracciare l’allegoria di ciò che non si conosce: oscuro, incognito, ma anche rappresentazione del ‘fuoco divino’, della ‘divina’ e ‘ardente’ fiamma purificatrice che è la ricerca stessa della conoscenza;

c)      in senso filosofico-religioso la sognatrice, utilizzando il concetto di ‘zio’, theios, a proposito delle dimensioni trascendenti, non sembra farsi domande dirette sulla natura di ‘Dio’, Theos - di cui pure avverte la ‘Presenza Divina’, il ‘Theios Logos’, la ‘Shekinah’ - quasi avesse un riserbo o timore al riguardo, come se lo avvertisse ‘giudicante’ e inavvicinabile;

d)      in senso più umano, considerando che la sognatrice è una donna, traspaiono significati sulla figura paterna e, soprattutto, su quella maschile: si tratta di archetipi ancora incomprensibili, oscuri, lontani. Tuttavia, attraverso la conoscenza del proprio ‘Sposo interiore’, l’Animus, passa anche lo sviluppo dell’individualità e dell’integrazione, la ‘conjunctio oppositorum’, all’interno di sé.

Il proseguimento del racconto onirico sembra proprio continuare su questa linea di elaborazione del ‘maschile’, già iniziata con i primi sogni  che l’amica Simonetta ha consegnato alle nostre riflessioni.

3.      La sognatrice si trova “su un bus schiacciata fra la gente, in prevalenza uomini” e arriva in “Piazza San Giovanni, in pieno comizio tenuto da Enrico Berlinguer”.

a)      Anagrammando ‘bus’ ricaviamo ‘sub’: il ‘veicolo’ dunque esplora zone sub-consce, quelle nelle quali bisogna addentrarsi per ‘solvere’, sciogliere, purificare. La sognatrice si sente ‘schiacciata’, soffocata (ricordiamo la parentela etimologica fra ‘stringere, soffocare’ e ‘angoscia’), è in posizione difensiva, e la pressione o il pericolo sono soprattutto di polarità ‘maschile’: è qui che risulta necessario ‘solvere’, analizzare, ed è il tema principale del sogno;

b)       ‘Piazza San Giovanni’ richiama l’omonimo evangelo, nei cui primi versetti è scritto: “kai theos en ho logos”, “e Dio era il Verbo”. Sulla parola ‘theos’ esiste attualmente una discussione su quale debba essere la corretta traduzione: ‘Dio’, ‘un dio’, oppure il senso è che il ‘Verbo’ è semplicemente ‘divino’; ma in questo caso, dicono gli studiosi, la parola avrebbe dovuto essere ‘theios’… incredibilmente ritornano i termini della nostra precedente riflessione! Su questa ‘piazza’ del sogno di Simonetta, allora, sembra aver luogo una disquisizione teologica, forse rispondente ad alcune domande che la stessa sognatrice si fa più o meno consciamente sulla figura divina: è un dio assoluto, è soltanto una forza misteriosa della natura, è un dio-persona attivo, creatore e ‘maschile’ come nella nostra tradizione ci hanno insegnato, oppure è qualcosa d’altro?

c)      Berlinguer’ è un cognome sardo derivante dal catalano ‘berenguer’ e questo, a sua volta, dal provenzale ‘berenger’: il significato è ‘combattente valoroso’. ‘Enrico’ è da Heinrich, ‘possente in patria’. Il personaggio, oltre ad essere uno statista che ha caratterizzato un’era importante della politica del nostro paese, ha un nome dagli accenti volitivi, forti. Possiamo, quindi, vedere in lui una figurazione simbolica dell’emergente Animus positivo della sognatrice, quello che comincia a svolgere la funzione di guida e indicazione nei suoi ultimi racconti onirici. Sottolineiamo che ‘comizio’ viene dal latino ‘cum-ire’, ‘andare insieme’, cioè procedere verso l’integrazione di varie componenti. Giustamente Simonetta, in una situazione poco controllabile nella quale  normalmente si sarebbe trovata a disagio, afferma di sentirsi tranquilla, sicura della sua meta.

d)      Notiamo, comunque, che la tematica religiosa (San Giovanni, Theos-theios) si fonde perfettamente nella nostra amica con la ricerca di una integrazione personale, di un autosviluppo, della soluzione degli aspetti conflittuali della sua esperienza legati alla figura ‘maschile’ all’interno e all’esterno di sé. Probabilmente ciò indica che le due modalità si sostengono l’un l’altra e contribuiscono alla reciproca chiarificazione.

4.      La parte successiva del sogno è molto ‘cabalistica’:

·        il ‘bus’ si svuota alla fermata: il subconscio comincia a eliminare le tensioni superflue, facilitando la comprensione e la soluzione;

·        rimangono una fila di cinque posti comodi e uno ‘strapuntino’ triangolare su cui la sognatrice si siede: già nei numeri vediamo indicata la ‘quintessenza’ e la triplice struttura del cosmo, mente-energia-materia. ‘Comodo’, dal latino ‘cum-modus’, significa ‘conforme alla misura’, indizio della creazione di un equilibrio che mira all’essenza delle cose e dell’esperienza. ‘Strapuntino’ indica una sorta di cucitura e di imbottitura per un piccolo sedile ribaltabile, usato quando nei mezzi pubblici gli altri posti sono occupati: ‘trapuntino’, con l’aggiunta di una ‘s’ per indicare che si tratta di un ‘extra’. La ‘trapunta’ suggerisce il ricamo, il lavoro di penetrazione, di attenzione, l’accorta costruzione di un legame, di una ‘geometria’ sottile e ulteriore – extra appunto – rispetto alla coscienza comune: può essere un’ottima metafora del lavoro su sé stessi, sulla propria triplice costituzione fisica-astrale-mentale;

·        tutti i posti guardano all’interno dell’autobus, cioè all’interno di sé stessi (autòs);

·        le persone presenti costituiscono un màndala femminile su base quaternaria, simile a quelli già incontrati in altri sogni:

a)      la signora bionda sulla ‘sessantina’: il numero sessanta è l’espressione di un ciclo  completo: il ciclo sessagesimale, infatti, è alla base della misurazione del tempo (il minuto, l’ora, il giorno, l’anno), e quindi in relazione tradizionale con il cerchio e con il ‘cielo’. Il colore biondo dei capelli in antico indicava spesso la divinità, per esempio Apollo, oppure altri dei o semi-dei e, comunque, la dimensione aurea. Nel caso della ‘signora’ potrebbe essere il risultato di una ‘tintura’: lavoro alchemico o contraffazione? Essendo una parte simbolica di Simonetta, intravvediamo una domanda sul proprio percorso: la sognatrice sembra interrogarsi sulla validità delle sue elaborazioni riguardanti lo spirito, la morte, l’invecchiamento, la prova, insomma sul piano atziluthico, cui assegniamo il valore simbolico di questo personaggio;

b)      Simonetta come ‘spettatrice’: è l’io che, comunque, comincia a costruire in sé stesso un positivo distacco, in relazione con il piano briahtico;

c)      una mamma con due gemellini di un anno: la madre è il fondamento simbolico della vita manifestata, per questo motivo le assegniamo il piano yetzirahtico. In questo caso la sognatrice, che spesso si rappresenta nei sogni come madre, esteriorizza il personaggio, guarda anche ad esso con distacco, forse ne è più libera emotivamente. I ‘gemelli’ al posto di un unico figlio testimoniano il sereno riconoscimento progressivo della dualità, della separazione, della differenziazione dalla stessa madre. ‘Un anno’ lascia intravvedere nuovamente la dimensione temporale, forse quella di un ciclo di elaborazione e di crescita già completato da parte della sognatrice;

d)      la ragazza carina ma dimessa: è il più ‘esterno’ dei personaggi, segnale della presa di coscienza che l’aspetto esteriore armonico – spesso così importante per una donna - non è, di per sé, una ricchezza o un valore, può anzi generare una dipendenza dal giudizio altrui. La ragazza è costretta all’elemosina, è mancante di tutto, anche di un ‘centesimo’, la minima unità di valore. Il personaggio maschile, ancora l’Animus, la allontana: la positività emergente in Simonetta riconosce i limiti dell’apparire e non è disposta a preoccuparsene ulteriormente.

 

 

 

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