Sui sogni
di Natale Missale



E’ davvero singolare come per secoli e secoli si sia cercato di interpretare i sogni senza avere preventivamente condotto uno studio a 360° sul soggetto sognante. Sicuramente la scienza ha dato un grande contributo a tale conoscenza, ma dobbiamo ammettere che essa non può, almeno fino ad oggi, spiegare l’uomo in tutti i suoi aspetti. Quando si parla di mente, di psiche, di sentimenti, di intuizione ecc. la scienza ci può aiutare fino a un certo punto. La Psicologia (quella scientifica, quella alla Pavlov per intenderci) è una disciplina relativamente giovane: gli esperimenti sulla psiche umana e animale sono appena all’inizio, hanno sollevato il velo su molte cose, ma il mistero dell’anima (psiche) rimane, nonostante la buona volontà di quei tanti grandi filosofi, che nel corso dei secoli hanno sondato se stessi per conoscersi a fondo. In tal senso, tutti i pensatori degli ultimi 2500 anni si sono prodigati in questo stressante lavoro di “miniera”: si sono calati nella propria interiorità per scoprire il centro dell’uomo. Da non trascurare poi i mistici di ogni luogo e tempo, che con attività meditative e contemplative hanno scavato nella propria interiorità alla ricerca del nucleo profondo. Infine non deve essere sottovalutata la Psicanalisi di Freud che pur non avendo fondamenta scientifiche ha dato nuovo impulso allo studio della psiche da parte di diecine di scuole caratterizzate dalle originali teorie dei loro fondatori, tutti, per certi versi, discepoli “ingrati” del padre della Psicanalisi. E’ proprio dal fondatore di tale disciplina che partiremo per esporre brevemente la nostra nuova interpretazione dei sogni, ma soprattutto per dare un piccolissimo, forse insignificante contributo alla conoscenza di noi stessi, perché, come ha bene sottolineato Jung, l’uomo è al tempo stesso soggetto e oggetto della psicologia, e quindi nessuno mai potrà conoscere la psiche in generale senza avere prima conosciuto se stesso: sarebbe come pretendere di tracciare un cerchio con il compasso, poggiando la punta di esso su un centro mobile.
Per potere introdurre la nostra teoria dobbiamo per sommi capi dare un’occhiata alla tecnica ipnotica. L’Ipnosi, come ben si sa, è una particolare condizione psichica caratterizzata da uno stato che sta fra il sonno e la veglia e che viene detto “trance” . Una persona in trance è molto suggestionabile, limitata nelle capacità critiche, soggetta alla volontà dell’ipnotizzatore. Pur essendo stata praticata fin da tempi remoti, l’ipnosi ha avuto la massima risonanza grazie a Jean-Martin Charcot (1825 – 1893), dal quale Freud ha appreso la tecnica per utilizzarla, insieme col suo collega Breuer, nel trattamento dell’isteria. Sappiamo ormai tutti come nel soggetto ipnotizzato la facoltà ideativa subisce un impoverimento, che produce regressione, manifestazione di idee passate, affioramento di sentimenti sepolti, spersonalizzazione, oltre alle tante altre sintomatologie di cui non ci occuperemo. Per certi versi e sintetizzando possiamo dire che l’ipnotizzato assomiglia tanto ad un addormentato che ha lasciate aperte le porte dell’udito. Ma ecco che accade una cosa strana: nella persona in trance le idee lasciano il posto a immagini visive e acustiche, e l’ipnotizzatore può indurre sogni a comando manipolandogli la mente: la suggestione operata dall’ipnotizzatore può produrre qualsiasi effetto egli voglia. Ma eccoci al punto: in che modo la persona in trance viene suggestionata? Risposta: tramite la parola, cioè con un suono, per mezzo di vibrazioni. Se la parola riesce a far questo, bisogna esaminarla più da vicino per cercare di intuirne i meccanismi, di scoprire in che modo possa essa produrre simili effetti. Ovviamente non bisogna dimenticare che è solo grazie alla trance che tutto ciò avviene, ma teniamo anche ben presente di come tecniche di persuasione occulta (basta considerare il solo campo pubblicitario) agiscano anche su persone in stato di veglia. E’ fuor di dubbio che la parola non è una vibrazione qualsiasi, essa è un condensato di volontà, intelligenza, ragione, armonia, sentimento, forza, modulazione, musicalità, e tante tante altre cose, insomma essa è un concentrato di creatività. E’ l’incarnazione di una idea che una “Certa Luce” ha proiettato sullo schermo mentale di una persona, una sorta di seme contenente un programma ben preciso: volontà di essere. Un attimo prima non esisteva, la mente era calma come un mare in bonaccia, ma ecco che improvvisamente, mossa da un misterioso vento inaspettato dà vita ad un’onda. Come ogni buon seme che si rispetti essa deve germogliare e a suo tempo dare frutti. A questo punto possiamo azzardare una definizione: la parola è un’immagine sonora, ed i concetti sono archetipi sonori. Quindi possiamo spingerci un po’ più in là ed affermare che parlare equivale a proiettare immagini, e che se ben ricamata, se caricata di volontà, se servita a gente posta in dormiveglia, se potenziata da un gruppo di sostenitori, se ritualizzata attraverso regole precise, se poetizzata, se ben colorata, melodizzata, armonizzata, se caricata d’amore, se animata, ecc. ecc. diventa irresistibile. A volte però le parole usano la forza del silenzio per penetrare altrettanto potentemente in terreni fertili. E’ il caso delle opere d’arte (arte vera): il linguaggio di un quadro non può seguire la via dell’udito, ma quello della vista, esso parla attraverso forme, colori, geometrie ecc. Eccoci davanti ad un linguaggio muto, per così dire, che a volte risulta essere molto più “sonoro” dello stesso parlare. Ma di questo ci occuperemo in un altro saggio sull’arte. Tornando alla parola, aggiungiamo un’altra considerazione: essendo essa figlia della Luce, come un sole deve ubbidire a parecchi imperativi: deve vivere per se stessa esplodendo continuamente vitalità; deve emanare calore anche a lunga distanza di spazio e di tempo; deve emanare luce in ogni direzione; deve, essendo essa stessa Vita danzante, donare Vita a tutto e a tutti. Insomma il parlatore è una sorta di “burattinaio” che per muovere i  burattini usa quei particolari fili che sono le parole. Possiamo però scavare ancora di più. La parola scritta, se letta da qualcuno, ha la stessa potenza di quella pronunciata. Lo scrittore, che lo sappia o no, è un agricoltore-seminatore: prima solca la mente del lettore e poi semina; sarà lo stesso lettore a pronunciare mentalmente le sue parole ed a trasformarle in immagini viventi. E’ per questo che da sempre abbiamo criticato aspramente tutti coloro che, occupandosi di letteratura, hanno sempre negato le influenze negative che certi romanzi, certa letteratura in genere possono avere sul lettore. Dostoevskij, Nietzsche e nichilisti vari hanno tutto il diritto, anzi il dovere, di far pulizia nella loro anima tirando fuori tutta la spazzatura, ma non possono vendercela per bella e profumata, non dovrebbero sguazzarci dentro, compiacersene. La spazzatura non va elogiata, ma “condannata”, dopo di che, tramite “inceneritore”, andrebbe recuperata la sua potente energia. Sappiamo tutti che l’energia che muove il Bene ed il male è la stessa. Scendere nel sottosuolo della propria anima è un dovere, ma non bisogna rimanere nell’ombra e cantarne i luoghi: l’ebrezza del male è acquistabile a costo di gran lunga inferiore a quella del Bene; distruggere è molto più facile che costruire. Ma la parola è anche altro, essa non muore mai: il Dio di Mosè, che è anche il nostro Dio, creò (crea) dicendo (“e Dio disse…”). La parola apre nella mente sentieri fascinosi come il canto delle sirene, e solo gli Ulisse, uomini eroici, possono opporle resistenza, ma la maggior parte di noi è gente normale facilmente ipnotizzabile, influenzabile. Una volta pronunciata o letta, la parola, come una freccia, corre verso il bersaglio (il lettore o l’ascoltatore) e dopo averne colpito il centro (l’anima) trasforma lettore e ascoltatore in un arco pronto e teso per riscagliarla verso altri bersagli: essa dunque si moltiplica, si eternizza. Insomma la parola è una forza irresistibile, invincibile.
A questo punto, il discorso che abbiamo fatto per l’udito (parola) dovremmo farlo anche per gli altri sensi, ma per esser concisi diciamo solo che non solo attraverso l’udito viene inseminato l’uomo, quelle degli altri sensi sono porte altrettanto valide. Detto questo, passiamo a parlare dei sogni…………………………………….
La cosa che accomuna tutti i sogni di ogni tempo e luogo, a nostro parere, è che durante il perdurare di essi è sempre presente un io sognante, un centro attorno a cui ruota la vicenda onirica. Tale io è in un certo senso disancorato dall’ io della veglia, perché per lo più è semplice spettatore della vicenda. La sensazione che se ne ha è quella di un occhio stupito che osserva eventi spesso paradossali, situazioni illogiche, scene che vanno oltre ogni immaginazione, come se a questo io sognante fossero state suggerite da un misterioso ipnotizzatore le cose più insensate. Abbiamo visto che durante la trance ipnotica le parole dell’ipnotizzatore attraverso l’udito creano nell’ipnotizzato immagini mentali tali che possono creare gioia, dolore, e qualunque altro stato d’animo. Ora, partendo dalla convinzione che la creazione di immagini oniriche è molto simile a quella che avviene nella mente dell’ipnotizzato, le domande da porsi sono tantissime: chi o che cosa suggerisce alla mente le scene di sogno? E’ lo stesso io sognante o è l’io di veglia minorato nella sua funzionalità? Che tipo di luce è quella che proietta le immagini oniriche sullo schermo della mente? Che tipo di rapporto intercorre fra i due io? E’ proprio da escludere che esista un mondo dei sogni che, allo stesso modo di quello di veglia, abbia le sue regole, i suoi linguaggi, i suoi spazi-tempi, e via dicendo? E’ proprio da scartare l’idea che l’uomo possegga un corpo di sogno fatto di materia sottilissima e che usa organi e sensi adatti al corrispettivo mondo? Ecc. Alle prime domande la scienza ha forse dato qualche risposta (ma ricordiamo che le verità scientifiche non sono verità eterne: Tolomeo viene superato da Copernico; Newton da Einstein, ecc.), alle seconde non ha certamente risposto, e se le nega perché non può provarle sperimentalmente, escludere l’esistenza di un mondo dei sogni e del corpo di sogno non cancella le tantissime esperienze di uscite dal corpo che moltissime persone hanno vissuto e raccontato. Non affermiamo certo l’esistenza incontestabile delle due cose solo perché una minoranza dell’umanità racconta di averle sperimentate, ma non escludiamo la possibilità che tali esperienze possano essere vere e che un giorno possano essere dimostrate in qualche modo scientificamente. Quelli dei voli estatici di Plotino non ci sembrano racconti di un ubriaco; né i rapimenti estatici di San Paolo ci sembrano resoconti di un malato mentale.  Dai tempi di Artemidoro (secondo secolo d.C.) ad oggi i sogni sono stati studiati, classificati, interpretati dai più disparati punti di vista. Da ultima, la neurofisiologia ha soprattutto evidenziato tutti i processi che mette in moto la fase REM (onirica) del sonno. Una delle cose che interessa sottolineare è che in questa fase l’attività ideativa dell’uomo pur  sempre attiva risulta notevolmente diminuita ed i pensieri sono molto simili a quelli dello stato di veglia. I vari studi sui sogni si sono soffermati soprattutto sull’interpretazione di essi e soprattutto sulla loro funzione. Quest’ultimo aspetto ci interessa in modo particolare. Per alcuni hanno la funzione di pulizia del sistema nervoso; per altri la stimolazione della corteccia; per altri ancora la selezione delle informazioni accumulate durante la veglia; funzione di scarica di impulsi fisiologici e istintuali; funzione di soddisfare desideri e risoluzione di problemi emotivi, ecc. Un po’ di verità risiede in ognuna di queste teorie, ma noi continuiamo a chiederci: se durante lo stato di veglia la coscienza presiede ai pensieri, durante lo stato di sonno chi coordina la rappresentazione onirica? L’inconscio? Troppo semplice e per nulla risolutivo: se l’inconscio viene visto come antagonista della coscienza spacca la psiche dell’uomo in due parti non comunicanti, pertanto credo più alle intuizioni di uno scrittore o di un poeta che alle teorie di uno psicologo che risolve il tutto con l’inconscio. Sotto tale nome si fa rientrare un po’ di tutto, Dio, ombra, sottosuolo, rimosso, ecc. Troppo vago. Cercare il coordinatore dei sogni vorrebbe dire risolvere il problema della vera funzione di essi. Mi viene in mente una delle tante profondissime storie di Chuang-Tzu: questa notte ho sognato di essere una farfalla, ma adesso che sono sveglio mi chiedo: sono una farfalla che sogna di essere Chuang-Tzu o Chuang-Tzu che sogna di essere una farfalla? E allora l’ulteriore domanda è: e se fosse una più raffinata coscienza onirica il burattinaio dei sogni? E se i sogni stessi fossero non assurdità e paradossi (punto di vista della coscienza di veglia) ma un linguaggio più raffinato del corpo di sogno in sintonia col il mondo dei sogni? E se fosse così, che tipo di linguaggio sarebbe? Riguarda l’io del sogno o l’io di veglia? E infine, non è che l’io del sogno cerca di ipnotizzare l’io di veglia a posteriori, scagliando paradossi e assurdità?  Le domande sarebbero tante, ma fondamentale ci sembra quella che si chiede chi sia il coordinatore dei sogni. La nostra teoria ci porta in tale direzione. Detto questo non è poi tanto assurdo immaginare che durante il sonno l’io onirico organizzi i pensieri e i sentimenti della giornata appena trascorsa (o della settimana o del mese appena passati) in una rappresentazione artistica di incomparabile originalità. Ed ecco che allora il sogno non sarebbe altro che opera d’arte: un quadro simbolico che racchiudendo la sublimazione di tutti i sentimenti, le passioni, i pensieri, le intuizioni del giorno, dà vita ad una vita parallela tutta da godere. Porto un esempio. Ieri guardavo con tristezza tutte le statuette degli gnomini disseminate in giardino e quasi nascoste dall’erba alta; “se non toglierò quell’erba io  -consideravo – non lo farà nessuno. Ebbene, questa notte ho sognato che passeggiavo in giardino e che una voce inquietante mi diceva: stanno morendo tutti gli gnomi del tuo giardino. La cosa ovviamente mi rattristò moltissimo. I sogni dunque come opera artistica. Ma quella onirica non può che essere arte  metafisica, essendo essa figlia di uno stato che sta oltre la realtà, la fisicità. Credo che alla fine, sia pure in modo confuso, sia riuscito ad esprimere la mia ermeneutica dei sogni: per interpretarli bisogna che diveniamo dei veri e propri critici d’arte, decifratori di simboli e metafore, e se vogliamo fare un parallelo con la musica, occorre che impariamo a leggere quelle partiture fantastiche che sono i sogni, a dirigerle col cuore più che con la mente per poterne ascoltare le nascoste armonie e melodie. Ecco, bisogna ascoltare i sogni anzitutto con l’io onirico e poi con l’io di veglia, ma attenzione, una volta svegli ci troviamo di fronte alla negativa del sogno stesso, quindi dobbiamo essere bravi a dare i colori complementari ad ogni immagine. Prende così consistenza l’ipotesi di un mondo dei sogni o dei sentimenti-pensieri in cui vive per tutto il tempo del sonno un corpo di sogno, che attraverso il linguaggio dell’arte onirica, attraverso l’uso di simboli, metafore e quant’altro riesce a creare un “parlare” onirico in quella vita parallela che privandoci di ogni forza di gravità ci trasforma in astronauti atterrati sulla nostra luna personale ed in preda all’euforia della danza dell’Essere.
Noi siamo convinti che questo mondo di cosiddetta veglia sia un grosso imbroglio: in effetti siamo tutti (o quasi: per fortuna di tanto in tanto qualcuno riesce ad illuminarsi), siamo tutti addormentati: non conosciamo chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo. Il mondo dei sogni ci offre quella leggerezza che lo stato di veglia ci nega per la sua ineliminabile pesantezza, e con essa ci invita alla comprensione, facendo sì che l’io del sogno parli all’io di veglia un linguaggio artistico diretto più al cuore che alla mente. Ebbene siamo convinti che una mente purificata ed un cuore purificato siano in grado di comprendere i sogni, così come Giuseppe figlio di Giacobbe sapeva fare prima presso la sua famiglia e poi presso la corte del faraone d’Egitto.
  Una considerazione: quando siamo svegli possiamo con la facoltà immaginativa creare un intero universo ricco di galassie e di infiniti spazi vuoti; possiamo trasferirci fra le traiettorie degli invisibili fotoni; rivisitare, più modestamente, i luoghi in cui siamo stati in passato. Sono reali queste rappresentazioni volute da una volontà? No, non lo sono, né sono reali le cose di ogni giorno, perché alla fin fine l’ipnotizzatore che suscita la visione dei mondi (quelli concreti – ricordiamo che pur essendo oggettivo il mondo è anche soggettivo – e quelli sottili) è lo stesso e si chiama Maya, la grande illusione. Alla fine, dunque, l’uomo, a causa di questa illusione, vive in ogni stato di coscienza in uno stato di perenne illusione, in una sorta di trance ipnotica. Come uscirne fuori? Svegliandosi. Come svegliarsi? Dapprima focalizzando l’attenzione sulla testimonianza di esser-ci, e poi smascherando il Testimone, scoprendone la Sorgente. Quella Impersonale Vita Universale che danza in ogni cosa e che se riconosciuta conferma pienamente il detto di quel grande Maestro che disse “chi perde la propria vita troverà la Vita”. Come possiamo dunque concludere questo breve discorso sui sogni se non ritornando alla questione fondamentale, e cioè che occorre innanzi tutto studiare il soggetto dei sogni, il sognatore, il quale, come abbiamo visto, pare sia un sognatore anche durante la cosiddetta veglia. Ed ecco che alla fine l’Inconscio non riguarderebbe più la parte non cosciente di noi tutti, ma anche quella cosiddetta cosciente, e questo farebbe di noi dei perfetti incoscienti, cosa che trova conferma nella storia umana di sempre. Esser coscienti significa solo essere e basta, e non essere questo o quello; essere in un  primo momento l’attore e non il personaggio, ed in un secondo momento il Regista, il burattinaio, ma per essere Questo bisogna essere un Illuminato, un Buddha, un Risvegliato. Chi sono questi Buddha? Quelli che nel corso dei millenni hanno suonato la sveglia prima a se stessi e poi al mondo e che hanno fondato tutte quelle grandi religioni (tutte buone), che purtroppo dopo la loro morte, sono state inghiottite dal teatrino delle illusioni e che oggi fanno parte del sogno. Continuiamo dunque a recitare, a dormire, ma per favore, tendiamo bene l’orecchio: la sveglia potrebbe risuonare in ogni momento, e le” vecchie” sveglie non hanno mai smesso di suonare.

Roma, 28 Settembre 2012

 

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